
Carmina Burana sul palco di Piazza del Campo. L’Unione Corale Senese in collaborazione con Amat
"O Fortuna, come la luna sei variabile, sempre cresci e decresci": una piazza del Campo attenta e coinvolta ha ben accolto "La città canta" ovvero "Carmina Burana" di Carl Orff, una co-produzione Unione Corale Senese "Ettore Bastianini" in collaborazione con Amat. Spettacolo nel calendario comunale "Sboccia l’estate 2025". Il tutto nella direzione di Francesca Lazzeroni. Se la bellezza è riuscire a coinvolgere il pubblico, il risultato ci è sembrato raggiunto. I presenti sono stati conquistati da un tripudio pirotecnico di allusioni mitologiche e religiose, di innovazioni stilistiche e ritmiche, di volutamente insani incroci fra coro e elementi contemporanei, con le partiture cucite da Francesco Petreni, di una raffinatezza che ha pochi altri esempi di genere, sostenuti da altri maestri a noi molto cari, dall’organo di Matteo Addabbo, dalla inconfondibile timbrica, suo marchio di fabbrica, a Mirco Mariottini, Ettore Bonafè, Franco Fabbrini e Andrea Pellegrini. Il resto affidato alla presenza di cori senesi, bambini, solisti. E poi la direttrice Francesca Lazzeroni, che vince con il coraggio dei professionisti questa non scontata scommessa, che fa della commistione la migliore (ri)lettura di un classico ai giorni nostri, che ristabilisce la distanza odierna fra fruizione "popolare", nel senso più nobile della parola, e rigore esecutivo. E poi ci piace quel distacco dai riflettori: in un mondo dove sembra doveroso l’apparire, nel narcisismo dell’io, lei esegue ma non appare, nel senso dell’apparenza, regina dei tempi moderni. Uno stile sobrio: si permette solo qualche parola di ringraziamento, che fa bene allo spettacolo ma vorrei aggiungere a tutta la città. E questa sera altro punto di incontro: lo sperimentalismo fra pop e avanguardia con "Omaggio a Franco Battiato", ancora in piazza del Campo, (ore 21,30) con La Cruna del Lago e l’Orchestra Sinfonica Internazionale, con la special guest Antonella Ruggiero. Un gruppo collaudato, fra i migliori esponenti del nuovo progressive italiano, e una Orchestra abituata alle grandi piazze. Il resto è affidato ad un repertorio che non ha limiti e confini, tantomeno barriere generazionali. Con la speranza che davvero, prima o poi, ritorni l’Era del Cinghiale bianco, epoca in cui sia protagonista la consapevolezza interiore collettiva, un tempo incontaminato, nel quale cesseranno di esistere problemi, discriminazioni, giudizi, gerarchie, disuguaglianze e ingiustizie.
Massimo Biliorsi