Sara Bessi
Cronaca

Il ricatto a luci rosse a Tommaso Cocci, testimoni ascoltati dagli investigatori. Politici in procura

Prato, vanno avanti le indagini sul caso di revenge porn di cui è vittima Tommaso Cocci. Disposti accertamenti sulle lettere anonime per rintracciare impronte. Nelle lettere infamanti fotomontaggi. L’adescatrice e la trappola

Il ricatto a luci rosse a Tommaso Cocci, testimoni ascoltati dagli investigatori. Politici in procura

Prato, 4 settembre 2025 – L’inchiesta della procura sul ricatto a luci rosse ai danni di Tommaso Cocci, 34 anni ex capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale e in corsa per le elezioni regionali di ottobre, sta proseguendo nel massimo riserbo. Un riserbo reso necessario, come ha avuto modo di scrive in una nota il procuratore capo Luca Tescaroli, che sta seguendo in prima persona tutta la vicenda, proprio “per la loro delicatezza” tenendo anche conto “del periodo elettorale” in corso. I reati ipotizzati dalla procura pratese sono “di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti senza consenso e di diffamazione”.

MF16M2BZT9FP1LDWOV9-98323785
L'ex consigliere comunale pratese Tommaso Cocci

Politici a palazzo di giustizia

Intanto nella giornata di ieri gli investigatori avrebbero convocato in procura alcuni esponenti politici – almeno un paio – per ricostruire l’atmosfera che si respira dentro al partito e soprattutto attorno alla figura dell’ex capogruppo finito nell’occhio del ciclone.

Infatti, l’indagine ha preso le mosse da qualche mese a seguito delle denunce presentate dallo stesso Cocci, vittima di "revenge porn in un contesto di tentativo di estorsione” come ha evidenziato lui stesso in un video diffuso sabato scorso dopo l’uscita della notizia su “Il Fatto quotidiano”, e da altri esponenti politici. Dalle lettere anonime inviate in prima battuta tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio scorsi e quelle partite ad aprile scorso, oltre a quelle indirizzate sia a personaggi politici che non ma rappresentanti di realtà cittadine, sono emerse, come ormai noto, accuse infamanti e denigratorie ai danni di Cocci. Le accuse vanno dalla sua partecipazione a presunti festini a luci rosse, che si sarebbero consumati –  sempre secondo le lettere anonime – anche in località marine toscane, all’uso di sostanze stupefacenti fino all’affiliazione alla loggia massonica del Sagittario Prato-Valle del Bisenzio afferente alla Gran Loggia d’Italia. Affiliazione, peraltro, confermata da Cocci (ricordiamo che l’adesione alla massoneria non è un reato).

La loggia massonica

Loggia, quest’ultima, che è balzata alle cronache cittadine in quanto la stessa a cui appartiene l’imprenditore tessile Riccardo Matteini Bresci (ne è stato il Maestro fino al 2020) indagato insieme alla ex sindaca di Prato Ilaria Bugetti nell’inchiesta per corruzione, esplosa alla fine del mese di giugno. Il tutto condito da supporti video e fotografie, tra cui quella del volantino in cui si vede l’esponente politico in un autoscatto compromettente allo specchio (“è stata una mia sciocchezza, ma non mi faccio ricattare”, è stata la sua reazione) con la chiara minaccia: “Dimettiti Trapos (Tommaso Cocci) o le prossime foto le manderemo anche ai giornali”. Volantino con su scritto: a Donzelli, La Porta, Cocci, Belgiorno e Zecchi.

I fotomontaggi

Tra le fotografie a corredo delle accuse scritte da mani anonime almeno un paio sarebbero da ritenere dei fotomontaggi, come pure lo screenshot di una presunta conversazione di Cocci riguardo all’uso di droghe. Tra le mosse degli investigatori, che stanno cercando di risalire all’autore o agli autori di quelle lettere anonime, c’è stata la predisposizione di accertamenti scientifici sulle lettere anonime inviate: la procura intende verificare se è possibile trovare tracce biologiche e magari qualche impronta digitale per dare una risposta al caso esploso a fine estate.

La procura sta lavorando alacremente e con le bocche cucite anche su altri due fronti: da una parte ha proceduto con l’acquisizione degli elenchi della loggia massonica del Sagittario di via Lazzerini, alla quale Cocci ha confermato di appartenere da dodici anni e per la quale ha rivestito il ruolo di segretario (si è messo ’in sonno’ da giugno scorso). Dall’altra parte, sempre nei giorni scorsi, la procura ha chiesto il verbale della mozione presentata a gennaio scorso da alcuni consiglieri di centrodestra per l’introduzione di test antidroga periodici per sindaco, assessori e consiglieri comunali, al commissario straordinario del Comune, Claudio Sammartino. Altri atti che si aggiungono alla complessa e delicata indagine per fare chiarezza sui fatti narrati e rappresentati da Cocci ed altri esponenti politici agli investigatori nelle loro denunce.

I fronti dell’indagine

Un’indagine che si sta muovendo su vari fronti. Il caso è stato alimentato grazie ad un adescamento a luci rosse, forse una trappola per Cocci. L’inganno sarebbe avvenuto lo scorso anno attraverso un profilo femminile su Instagram, che in un secondo momento ha bloccato la ’vittima’ prescelta. A flirtare in modo spinto con il professionista 34enne sarebbe stata una signorina che rispondeva al nome di Rebecca. Tutto ha avuto inizio tra la fine di gennaio e inizio febbraio di quest’anno, quando l’ex capogruppo di FdI trova nella propria cassetta privata del consiglio comunale un plico contenente soltanto il volantino con la suo selfie osè. Quella che avrebbe inviato a Rebecca.

Missive dello stesso tenore sarebbero state inviate e trovate anche nelle cassette di altri consiglieri. Al primo invio non sarebbe stata data molta importanza. Cocci si è rivolto alla Digos di Prato soltanto quando qualche mese dopo la situazione si è fatta assai più seria.

Il secondo plico risale ad aprile, arrivato direttamente nella casella postale dell’ufficio legale di Cocci: immagini private rubate e alcune frutto di fotomontaggi, a cui si sono aggiunte le accuse pesanti ed infamanti indirizzate al giovane politico. La foto sarebbe il frutto dell’adescamento avvenuto su Instagram dal profilo di tale Rebecca.