REDAZIONE PRATO

Fondazione Caponnetto: "Sulla mafia cinese negli anni ’automertà’ da politica e imprese"

Il presidente Calleri, analista ed esperto di mafie: "La capacità economica delle triadi è altissima. Monitorare il mondo dei fallimenti". E sulla sfruttamento e il racket degli affitti: "Servono controlli a tappeto".

Il presidente Calleri, analista ed esperto di mafie: "La capacità economica delle triadi è altissima. Monitorare il mondo dei fallimenti". E sulla sfruttamento e il racket degli affitti: "Servono controlli a tappeto".

Il presidente Calleri, analista ed esperto di mafie: "La capacità economica delle triadi è altissima. Monitorare il mondo dei fallimenti". E sulla sfruttamento e il racket degli affitti: "Servono controlli a tappeto".

"Tutto ciò che in questo periodo succede a Prato merita attenzione". Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto, analista ed esperto di mafie, è voce autorevole nel dibattito sulle ‘ombre’ della città multietnica.

Parliamo di sfruttamento, in particolare della comunità pachistana. "Sia Milone che i Sudd Cobas hanno detto cose importanti. Lo sfruttamento dei lavoratori pachistani è dato acquisito, certificato dai picchetti, dalle minacce e anche dal pestaggio di cui sono stati vittime lavoratori e sindacalisti. Anche il problema dello sfruttamento abitativo è di rilievo. Il punto è questo: quando esistono gli sfruttamenti questi vanno a insistere poi su tutti i punti deboli possibili. Per il lavoratore pachistano l’esigenza di trovare casa è un punto debole, ad esempio. Ecco il racket degli affitti".

Il problema del caporalato anche pachistano esiste? Toscano dei Sudd Cobas invita a non farne una questione di comunità, ma piuttosto a parlare di padroni e operai.

"E’ così. C’è un gruppo di poveri che viene sfruttato dai ricchi: cinesi che sfruttano poveri pachistani. La linea di mezzo sono i caporali pachistani. E nel contempo si saranno inseriti in questa dinamica di illegalità anche i proprietari di case, italiani e cinesi, che sfruttano una debolezza. E così diventa un’economia criminale. Bisogna fare controlli a tappeto del territorio, degli alloggi. E un’altra cosa: una parte di cinesi è in fuga dai pronto moda: dove acquistano? A Firenze aprono ad esempio attività molto costose che vengono gestite da cinesi. Vede, il problema enorme di Prato è la presenza della mafia cinese, che non è l’unica mafia presente sul territorio, ma quella che movimenta più soldi e influenza di più le attività commerciali".

L’escalation dei fatti criminali nella comunità - accoltellamenti, pacchi bomba, spedizioni punitive - parla da sola...

"Sì, ma siamo indietro di 23-24 anni nell’affrontare la mafia cinese. La situazione è stata sottovalutata. Ora c’è la guerra delle grucce, che tocca anche la logistica. Ma i primi segnali di mafia cinese sono certificati dalla sentenza della Cassazione del 30 maggio del 2001, tra le più dimenticate e oserei dire negate dalle classi dirigenti, emessa dalla sezione VI penale. Condannava per associazione mafiosa ex art. 416 bis una organizzazione cinese che operava nel famoso triangolo Firenze, Prato, Osmannoro. Era la seconda metà degli Anni Novanta quando a Firenze scattò l’operazione Gladioli Rossi. Oggi a Prato possiamo parlare di mafia cinese giuridicamente e anche socialmente, perché gli analisti ravvisano presenza mafiosa ben prima delle sentenze".

Non è un caso che a Prato è arrivata anche la commissione parlamentare antimafia, con cui lei tra l’altro collabora come consulente sulle mafie straniere.

"Esatto, l’arrivo della commissione è stato un passaggio fondamentale. Il problema è che a Prato il fenomeno si è sottovalutato per anni. Un’intera classe sociale, politica ed economica non ha voluto affrontare il fatto che la mafia cinese c’era. Anche se delle eccezioni le abbiamo avute: Aldo Milone sicuramente, poi ci fu lo Sportello della Legalità contro le mafie diretto e voluto da Pier Luigi Vigna e dall’assessora provincialedi Prato Loredana Ferrara e coordinato da me. Era il 2011. Poi ci sono state interrogazioni parlamentari, come quelle del senatore Lumia del Pd e dell’onorevole La Porta (FdI). Ma c’è sempre la difficoltà a Prato di parlare di mafia cinese. E si rischia sempre di essere considerati razzisti. Invece riconoscerla fa bene a chi lavora nella legalità: che si tratti di cinesi, pachistani e naturalmente fa bene al distretto sano".

Lei ha dato un nome a questo ’fenomeno’. Automertà.

"Esatto, non una omertà indotta dalle organizzazioni mafiose, ma una omertà che un esponente della società si auto impone perché non vuole prendere atto della situazione".

Il procuratore Tescaroli sta facendo un grande lavoro sulla criminalità mafiosa cinese a Prato. La città è all’attenzione nazionale.

"Sì, Tescaroli è un grande procuratore, viene dalla lotta alla mafia. Fondamentale che sia ascoltato nella richiesta di cambiare la legge sui collaboratori di giustizia estendendo la protezione agli stranieri. E bene sarebbe creare a Prato una sezione distaccata della Dda".

Tescaroli e anche Spiezia hanno detto chiaramente che la mafia coltiva e alimenta rapporti anche con le istituzioni e la politica.

"Io aggiungo che bisognerà stare molti attenti alle prossime elezioni e vedere se e chi sarà influenzato dalle triadi perché cercherà di influenzare il risultato. Ricordiamoci che la capacità economica della mafia cinese è altissima. E un’altra cosa: va monitorato in modo preventivo il mondo dei fallimenti: attenzione a come vengono pilotati alcuni fallimenti di imprese cinesi".

Milone invitava a prestare attenzione, in merito alla comunità pachistana, al boom di minimarket, spia di possibili ‘affari sporchi’...

"Certo, è plausibile. I criminali, non solo cinesi, portano fuori soldi con banche clandestine cinesi, è il metodo più raffinato. Come analista delle mafie il mio sospetto – e la questione non riguarda solo i minimarket ma anche negozi di borse gestiti da pachistani o cinesi e molti negozi di riparazioni telefoniche – è che siano sportelli bancari clandestini. Come si tiene in piedi un’attività sempre vuota? O serve a riciclare denaro o si tratta di sportelli clandestini".

Maristella Carbonin