ANTONIO MANNORI
Cronaca

Carlo Iannelli: candidatura al Coni per la giustizia e sicurezza sportiva

Carlo Iannelli si candida alla presidenza del Coni per promuovere giustizia e sicurezza nello sport dopo la tragedia del figlio Giovanni.

Carlo Iannelli si candida alla presidenza del Coni per promuovere giustizia e sicurezza nello sport dopo la tragedia del figlio Giovanni.

Carlo Iannelli si candida alla presidenza del Coni per promuovere giustizia e sicurezza nello sport dopo la tragedia del figlio Giovanni.

Un incontro nel suo ufficio pratese per parlare della sua candidatura alla presidenza del Coni inviata il 21 aprile e ufficializzata 10 giorni fa e ripercorrere la sua battaglia per la giustizia, per avere un giusto processo che Carlo Iannelli sta conducendo con tutte le sue forze e in tutte le direzioni, dall’ottobre 2019 quando perse la vita il figlio Giovanni per le conseguenze di una caduta in volata in una gara in Piemonte.

"Giovanni non torna più - dice il babbo Carlo - a me spetta il compito di battermi perché la sua morte non sia stata vana e quindi dare maggiore sicurezza ai giovani che continuano a fare questo sport. Il tema sicurezza troppo spesso trascurato, se non addirittura ignorato per evitare che in futuro possano succedere tragedie come quella relativa a Giovanni. Non possono avvenire incidenti a 100 metri dal traguardo come quello successo a Molino dei Torti il 5 ottobre di sei anni fa, con ostacoli non protetti e poche decine di metri di transenne".

Ma è cambiato qualcosa in questi quasi sei anni?

"No, tante belle parole in dibattiti, convegni. Ebbene non sono stato mai invitato una volta a una riunione per ricordare la vicenda di Giovanni, per poter offrire il mio contributo".

Ora questa candidatura per far sentire la voce.

"Nata per caso, per curiosità, leggendo le varie candidature e scoprendo che avevo i requisiti per presentarla essendo stato otto anni nella Giunta Regionale del Coni. Non c’è bisogno nemmeno di presentare un programma. Il mio che anticipo è quello di riportare l’etica nello sport. La vicenda di mio figlio Giovanni mi ha fatto conoscere una realtà incredibile tra vicende drammatiche e vergognose per il comportamento di tanti soggetti implicati per quanto è accaduto, e nel mio intervento se ci sarà, potrò esprimere il mio pensiero sulla vicenda di fronte a tanti dirigenti".

Sarà un intervento diciamo provocatorio.

"Voglio vedere in faccia certi personaggi, quelli che continuano a sfuggire ma primo o poi arriverà la resa dei conti, sono ancora tanti i procedimenti penali in corso. Aggiungo che la mia candidatura è per i ciclisti di ogni età, di oggi e domani, perché il tema della sicurezza mi sta a cuore. Un processo giusto che reclamo da sei anni, sarebbe servito proprio a tale scopo, perché dalla morte di Giovanni nulla è cambiato e lo dico ai dirigenti che sono nel ciclismo".

- Quanti voti si aspetta?

"Nessuna possibilità di essere eletto naturalmente, ma anche se mi dovesse arrivare un solo voto sarei felicissimo e per me sarebbe una grande soddisfazione. Voglio qui ricordare il Ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi, l’unico che mi ha inviato un messaggio affermando che la mia candidatura al Coni è stata una cosa giusta".

Nel mese di ottobre a sei anni di distanza la prescrizione del reato.

"Ma non stiano tranquilli, la vicenda della morte di Giovanni non è affatto conclusa. La Federazione che dovrebbe tutelare i suoi tesserati soprattutto i giovani e nel caso di mio figlio morto per colpe altrui, doveva assumere quantomeno una posizione neutrale. Non è stato così e mi batterò fino all’ultimo per dimostrarlo. Nella sentenza civile passata in giudicato nella prima pagina scritta dal Ctu Domenico Romaniello si legge che Giovanni è una vittima innocente e che non è stata una fatalità e un semplice fatto di corsa. Queste parole se le ricordino coloro che sono stati coinvolti in questa vicenda".

Antonio Mannori