
Il segretario toscano del Pd e deputato Emiliano Fossi
Alla Camera tuona Chiara La Porta, deputata di Fratelli d’Italia, contro i compensi "oscuri" ricevuti dalla sindaca Ilaria Bugetti; in città il centrodestra unito più che mai dal collante della bufera chiede un "chiarimento doveroso in consiglio comunale nel rispetto di tutti i cittadini, non solo di chi l’ha votata". E’ il fuoco dell’avversario. Legittimo seppur a tratti feroce, capace di azzannare la ferita aperta e farla sanguinare di più. E’ la politica che si alimenta della giustizia per individuare un obiettivo da mettere in crisi. Ma c’è anche il fuoco amico che inizia a manifestarsi, sotto traccia o quasi. E’ quello all’interno del centrosinistra. E in particolare dentro il Pd, non più compatto e deciso come venerdì scorso.
All’apparenza non è cambiato niente, ma le fibrillazioni dello scenario locale e regionale provocano scricchiolii nella monolitica solidarietà iniziale. E anche se non si dice in maniera esplicita tra "compagni", nelle stanze dei bottoni dem (a Prato e a Firenze) ci si sta scervellando per una exit strategy che guardi oltre. La segretaria Schlein è tenuta costantemente informata dai deputati Emiliano Fossi, segretario toscano, e Marco Furfaro.
La sindaca ha ottenuto con i suoi avvocati di potersi presentare dal giudice, che deve decidere sulla richiesta dei pm, il 23 giugno, lunedì. Non più giovedì 19. Più che una boccata d’ossigeno, ore utilissime per affinare la memoria difensiva, capillare, punto per punto: decisioni prese "per l’interesse collettivo e non per le pressioni di un singolo" si dice dallo staff. E’ questa la strategia: non mollare. La parola dimissioni però è iniziata a circolare dentro i dem. Per alcuni strategiche per la dinamica giudiziaria e necessarie per la questione morale di cui il Pd si fa nuovamente alfiere sulle ceneri di decenni fa e sull’esempio di altri uomini e altre donne.
Bugetti però non contempla "exit strategy", scorciatoie d’opportunità, convinta com’è che può dimostrare che sono ricostruzioni che hanno le fondamenta fragili, fragilissime.
I boatos sono riecheggiati anche ieri ma a chi (ri)lancia Matteo Biffoni come salvatore della patria viene ricordato che c’è un’inchiesta "pesante" in corso, quella sulle conseguenze dell’alluvione del novembre 2023, che lo vede indagato.
Il Pd ha scelto in questi giorni di rintanarsi e non di aprirsi nemmeno al suo interno. La giustificazione è fin troppo chiara: si aspetta l’interrogatorio e le decisioni del gip. Sono state annullate riunioni in agenda, segreteria e direzione. Tutto congelato. Si parla faccia a faccia e ci si guarda alle spalle.
Luigi Caroppo