CARLO BARONI
Cronaca

Traffico illecito di rifiuti: scatta un’altra indagine, perquisizioni e ispezioni

Cinque indagati e militari in 8 aziende. Controlli anche in una ditta della provincia. Sotto la lente 84mila tonnellate avviate al recupero e 12mila allo smaltimento

Carabinieri del Noe in azione (foto d’archivio)

Pontedera, 2 giugno 2023 – Sotto la lente ancora i rifiuti con perquisizione in 8 aziende, dedite alla gestione, a vario titolo, dei rifiuti pericolosi e non pericolosi e in un laboratorio di analisi; ispezioni anche in tre imprese di gestione rifiuti speciali per verificare il ciclo produttivo, il campionamento degli scarti e delle materie prime e secondarie ottenute dal loro recupero.

E’ emerso che accertamenti nell’ambito dell’inchiesta, sono stati fatti anche in provincia di Pisa: l’azienda in questione non è indagata. I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri del Noe Firenze, coadiuvati dal Noe di Roma e dai colleghi dei comandi territoriali, a Firenze, Arezzo, Roma, Viterbo, Pisa e Brescia. Lo spiega la Procura antimafia di Firenze a seguito della nota della Chimet, l’azienda di Badia al Pino specializzata nel recupero degli scarti dei metalli preziosi, che è tra quelle perquisite.

La Procura ipotizza un illecito traffico di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi: circa 84 mila tonnellate avviate al recupero e 12mila tonnellate avviate a smaltimento. Tra il 2012 e il maggio 2023, secondo gli inquirenti, quegli scarti sarebbero stati declassificati in rifiuti non pericolosi e così sarebbero stati avviati al recupero, fino al novembre 2021, in impianti ritenuti "compiacenti" anche grazie alla predisposizione di documentazione ad hoc. Non essendo autorizzate alla ricezione di rifiuti pericolosi, le imprese "compiacenti" – si apprende – recuperavano gli scarti in maniera fittizia, secondo la Procura "facendone perdere lo status di rifiuto e la conseguente tracciabilità, mediante la produzione di aggregati riciclati non legati, commercializzati come materie prime e secondarie ad aziende, allo stato terze non indagate, attive nel settore dell’edilizia".

Un affare da 21 milioni di euro secondo la Procura, derivante dal "risparmio economico ottenuto avviando il rifiuto al recupero, con codice Eer non corretto, con enormi guadagni, ipotizzati in circa 5,7 milioni di euro, anche per la filiera successiva, che grazie a tale escamotage, si è garantita la ricezione di quei rifiuti, che avrebbero diversamente dovuto essere avviati ad impianti autorizzati".

Dal novembre 2021 il rifiuto, sempre con codice Eer non pericoloso, sarebbe stato avviato in impianti di smaltimento (non più a recupero) per la stabilizzazione e il successivo conferimento in discarica. Un espediente, ritiene la Procura, teso "a ridurre il potenziale danno ambientale conseguente dall’illecito impiego delle pseudo materie prime e secondarie a diretto contatto con le matrici ambientali", ma non a escluderlo "del tutto in quanto gli attuali impianti destinatari (allo stato terzi non indagati), avendo ricevuto il rifiuto come non pericoloso, lo hanno gestito come tale, avviandolo a discariche per rifiuti speciali non pericolosi".