
L'argine dove è avvenuto il delitto. Nel riquadro la vittima
Castelfranco di Sotto (Pisa), 20 maggio 2021 - Gli accertamenti tecnico scientifici affidati dal pm Fabio Pelosi alla genetista forense Spinetti per chiudere il cerchio sul delitto risolto in tempi rapidissimi avvenuto sull’argine dell’Arno a Castelfranco il 27 settembre scorso, si sarebbero conclusi nei giorni scorsi. Tracce ematiche della vittima, si apprende, sarebbero state rilevate solo sullo svitabulloni utilizzato da Luigi Cascino, 55 anni di Fucecchio, nell’aggressione mortale a Roberto Checcucci, il vicino di casa. Sotto la lente, ora, potrebbe esserci il campionamento delle impronte digitali su tuto il materiale in sequestro. Un approfondimento tuttavia sul quale la Procura non è detto che intenda procedere se dovesse ritenere che il quadro indiziario è già adeguato per andare avanti con le proprie determinazioni.
Considerato che la misura cautelare a carico di Cascino risale al mese di novembre, e alla luce della confessione del delitto da parte del 55enne alcune settimane dopo il suo arresto, la Procura potrebbe procedere – contestando la premeditazione – con la richiesta del giudizio immediato che porterebbe Cascino direttamente davanti la Corte d’assise. Il che non esclude, almeno sotto il profilo tecnico, una richiesta di rito abbreviato i cui benefici potrebbero essere eventualmente riconosciuti qualora all’esito del processo la corte dovesse far cadere in sentenza l’aggravante.
Cascino, assistito dagli avvocati penalisti pisani Antonio e Andrea Cariell,o tramite i suoi legali, fece recapitare al magistrato un biglietto contenente la confessione "Sono stato io a colpire Roberto". E a quel punto dette anche le indicazioni precise su come trovare le armi che aveva utilizzato per uccidere Checcucci. Poco distante dal punto esatto in cui fu ritrovato il corpo senza vita del 55enne furono così trovate le armi indicate dall’indagato: un coltello a scatto, o a serramanico ed uno svita bulloni, appoggiati su un tronco seminterrato. Armi messe sotto la lente dalla dottoressa Spinetti – insieme a quelle sequestrate al momento dell’arresto e inizialmente ritenute quelle del delitto, ed agli indumenti della vittima – alla ricerca di tracce ematiche.
Nel biglietto in cui l’uomo ammise l’omicidio non c’era alcun cenno al movente. Che resta quello, per ora, che ha "guidato" gli investigatori dei carabinieri alla soluzione del giallo: la guerra di vicinato, in piedi da anni, con il fratello della vittima. In queste settimane è in corso anche un imponente lavoro della difesa per far cadere l’aggravante della premeditazione, ostacolo – almeno nella prima fase – a qualsiasi possibilità di richiesta di rito alternativo e poterebbe significare per Cascino la condanna all’ergastolo.