CARLO BARONI
Cronaca

La pelle e l’utimo scorcio del 2025. “Il lusso ha dimezzato le richieste”

Concerie di nuovo al lavoro con fra incognite e attese. Il primo punto con il presidente Michele Matteoli

Michele Matteoli, presidente del Consorzio conciatori di Ponte a Egola.

Michele Matteoli, presidente del Consorzio conciatori di Ponte a Egola.

Comprensorio, 3 settembre 2025 - Con la giornata di lunedì tutte le concerie del distretto hanno ripreso il lavoro. Inizia l’ultimo scorcio di un 2025 che è stato, ed è ancora, difficilissimo, per il comparto moda. L’attenzione è tutta concentrata su Lineapelle dal 23 al 25 settembre: qui 1.150 espositori (concerie, accessori e componenti) provenienti da 36 nazioni daranno vita alla più grande vetrina del mondo per il settore con le collezioni autunno-inverno 2026-2027. In vista della fiera e con la ripartenza dei bottali, abbiamo fatto il punto con Michele Matteoli, presidente del Consorzio conciatori di Ponte a Egola.

Presidente, con quale stato di salute arriva il comparto al più importante evento per la moda in pelle?

«Le aziende hanno iniziato a lavorare da pochi giorni, quindi abbiamo pochi elementi per fare una valutazione. Resta il momento molto complicato. Ci sono aziende che hanno lavoro, ma molte altre no. Indubbiamente è una crisi strutturale, quella in corso, che sta trasformando la fisionomia della manifattura globale e i suoi paradigmi. Dobbiamo prenderne atto».

Questo è anche l’anno dei dazi USA e del dollaro debole...

«I dazi sono il problema minore e lo sapevamo. Sicuramente più pesante è la questione del dollaro, ma il nostro settore è abituato da sempre anche alle altalene della moneta americana. Il punto è un altro: è che questi sono i volumi di lavoro e con questi dobbiamo fare i conti».

Il nodo centrale è la lunga e generalizzata crisi dei consumi di lusso?

«L’ottanta per cento delle nostre aziende è legata alle grandi firme, e queste hanno ulteriormente ridotto i volumi, arrivando anche a dimezzarli, per stare al passo con i cambiamenti del mercato. Per questo le concerie vedono contrarre i volumi di produzione, i fatturati e i margini. Del resto la produzione, in vent’anni, si è più che dimezzata. A livello nazionale è passata da 200 milioni di metri a circa 90».

Quali segmenti sono stati persi?

«Tutta la produzione medio-bassa. L’Italia si è collocata nella fascia dell’alta qualità che ora, però, riduce sensibilmente gli approvvigionamenti seguendo le indicazioni del mercato».

Dopo il Covid è cambiato tutto.

«Soprattutto il mondo dei consumi. Poi aggiungiamoci anche le conseguenze delle problematiche belliche e commerciali a livello internazionale».

Le prime indicazioni sul futuro?

«Ce le dirà Lineapelle. Momento fondamentale per noi».