
Giostra dell’Orso 2024 (FotoCastellani)
Pistoia si prepara a vivere il suo giorno più sentito: il 25 luglio. Le strade del centro storico si riempiono di costumi medievali, gridano identità con gli stendardi dei quattro Rioni cittadini, il cuore di Piazza del Duomo vibra con la Giostra dell’Orso, mentre da giorni la comunità si è raccolta attorno a riti antichi: la vestizione della statua del Santo, la processione dei ceri, la tradizionale “colazione di San Jacopo”, documentata fin dal 1532 e arrivata fino a noi quasi senza interruzioni. Questa straordinaria continuità dona ogni anno alla città un senso di appartenenza e di orgoglio. Ma ci pone anche una domanda: in un’epoca di globalizzazione, migrazioni e rivoluzioni digitali, quale spazio resta per le nostre radici?
Il rito resta un collante sociale. Le feste patronali non sono semplici rievocazioni. Sono momenti che rinsaldano il tessuto sociale. In tempi di legami fragili e ritmi frenetici, questi appuntamenti aiutano le comunità a riconoscersi e ritrovarsi. Gli antropologi come Marcel Mauss li definiscono “fatti sociali totali”: occasioni in cui storia, fede, cultura e identità si intrecciano. Nella “città di pietra incantata” questo è evidente: i quattro rioni si sfidano con passione nella Giostra, ma la rivalità si dissolve nella devozione comune al Patrono che unisce, ricorda il passato e alimenta una speranza condivisa.
E Pistoia non è un’eccezione: dal Palio di Siena alla Taranta pugliese, dalla corsa dei ceri di Gubbio che si ripete ogni anno dal XII secolo all’Infiorata di Genzano, il nostro Bel Paese è costellato di riti che continuano a tenere unite le comunità e a sollevare interrogativi sul rapporto tra tradizione e presente.
Ma le tradizioni devono guardare avanti. Il rischio, oggi, è che queste celebrazioni diventino reliquie da museo, incapaci di parlare al presente. Ma se vissute con consapevolezza e apertura, possono diventare motori di coesione e di sviluppo. Un esempio è il Cammino di San Jacopo, un percorso di oltre 170 chilometri tra borghi storici e paesaggi toscani che collega idealmente Pistoia a Santiago di Compostela. Non è solo un itinerario di fede: è anche un modello di turismo lento e sostenibile, capace di trasformare un’antica tradizione in una risorsa per l’inclusione e la crescita. Le quattoridici strutture di accoglienza lungo il percorso lo dimostrano.
San Jacopo non è solo la festa di una città orgogliosa del proprio passato. È un’occasione per ricordare che le tradizioni, se vissute con intelligenza e apertura, non sono catene che bloccano, ma radici che possono diventare ali. Perché una comunità che sa da dove viene è quella più capace di costruire insieme il domani.