
Daniele Maiorino, sessantenne, mentre viene condotto in tribunale per l’interrogatorio (AcerboniFotoCastellani)
"C’è la prova schietta e cristallina che a uccidere Alessio Cini è stato Daniele Maiorino". Per la pubblica accusa non ci sono dubbi. La mano che all’alba dell’8 gennaio 2024 colpì ripetutamente, e alle spalle, con una spranga, l’inerme Alessio Cini, era quella del cognato Daniele Maiorino. Al termine di una requisitoria di almeno due ore davanti ai giudici della Corte d’Assise, nell’aula bunker di Santa Verdiana, a Firenze, il pubblico ministero Leonardo De Gaudio ha chiesto per l’imputato il massimo della pena: l’ergastolo con l’aggravante della crudeltà. Il pm ha ripercorso le fasi salienti di questa tragica vicenda che ebbe per teatro la via Ponte dei Baldi, alla Ferruccia di Agliana, dove si affacciano poche case, in mezzo ai campi, tra cui la villetta dove abitavano, in due diversi appartamenti, Maiorino con la famiglia e il cognato Alessio Cini, separato, con la figlia. Quella mattina, come si ricorderà e come il pm ha ricostruito in aula, Cini era uscito prestissimo di casa per andare a riempire una tanica di benzina al distributore più vicino. Al suo ritorno l’agguato sotto casa: fu colpito ripetutamente con una spranga metallica e poi, mentre respirava ancora, gli fu dato fuoco.
Il pm ha spiegato come le telecamere installate nella zona abbiano consentito di ricostruire tutti i movimenti, compresi quelli del vicino, sul quale si era concentrata l’attenzione della difesa per pregressi litigi, e dalle quali emergeva chiaramente che l’uomo si era allontanato prima dell’omicidio, in bicicletta. Il pm ha dato molto peso alle intercettazioni ambientali e in particolare al soliloquio di Maiorino registrato mentre era in auto e confessava a se stesso il delitto. Quanto al movente, per l’accusa è di caratetre economico, visto che la famiglia di Maiorino versava in serie difficoltà, a fronte del benessere di Cini, definito, anche in aula, persona serissima, senza alcun problema, ed escludendo qualsiasi azione di terzi in questa tragedia. Nessun altro si è avvicinato alla villetta quella mattina. La parte civile, l’avvocato Andrea Torri, che rappresenta Vittoria, la figlia di Cini, associandosi alla richiesta del pm ha sottolineato la completezza delle indagini della polizia giudiziaria della procura che hanno fornito elementi assolutamente certi.
Maiorino è difeso dagli avvocati Katia Dottore Giachino e Fulvia Lippi di Prato che hanno fatto leva sul fatto che l’arma del delitto non è stata ritrovata e che le telecamere non hanno ripreso il momento dell’omicidio, circostanza che pm e parte civile, alla luce della consulenza, hanno spiegato sia con la scarsa sensibilità dello strumento che con l’assoluta assenza di qualsiasi manipolazione. Sentenza attesa per il 2 ottobre.
l.a.