REDAZIONE PISTOIA

Evasione e sfruttamento del lavoro. Sequestrati 2 milioni di conti e beni. L’affare con le catene di discount

Agli arresti domiciliari è finito Alessandro Vezzani, imprenditore di Campi Bisenzio, la collaboratrice e altri 12. La denuncia partita da un operaio, assunto da una cooperativa. Nell’inchiesta sono coinvolte 17 aziende.

L’indagine è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Pistoia

L’indagine è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Pistoia

Fuori c’era l’efficienza e il successo del marchio, ma anche il lusso associato ai ristoranti, uno dei quali gestito da un famoso chef, (del tutto estraneo ai fatti), e poi i contratti con le catene di discount più importanti, per le quali si gestiva il reparto della macelleria, e in alcuni casi lo stesso negozio o punto vendita. Dentro, però, il sistema avrebbe funzionato grazie al lavoro di manodopera che, secondo quanto è emerso dopo mesi di indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Pistoia, sarebbe stata sfruttata o sottopagata. Si parla di ore di straordinario eccedenti, mancato riconoscimento del riposo minimo giornaliero e mancati scatti di anzianità. L’indagine, diretta dal sostituto procuratore di Pistoia Leonardo De Gaudio, è partita dalla denuncia presentata proprio da uno di questi operai, che aveva un contratto con una cooperativa, ma il cui lavoro veniva di fatto gestito dagli imprenditori titolari delle aziende. Ai domiciliari è finito Alessandro Vezzani, 53 anni, di Campi Bisenzio, già interdetto dall’esercizio di attività d’impresa, per diversi reati di natura fallimentare e tributaria. A lui farebbe capo la catena Carnam Ciccia Club che ha locali anche a Firenze. Mentre il gip di Pistoia ha disposto l’obbligo di dimora per la sua stretta collaboratrice, Ilaria Vallone, 50 anni, di Firenze. Con loro altri dodici indagati e 17 aziende coinvolte, tutte operanti nel settore della grande distribuzione organizzata del facchinaggio e della ristorazione, attive su tutto il territorio nazionale. Le Fiamme Gialle hanno eseguito il sequestro preventivo di conti correnti dei due principali indagati e la confisca dei beni fino alla concorrenza del valore di due milioni di euro (pari all’Iva evasa negli anni), nonché il sequestro impeditivo dei beni aziendali e delle quote societarie di ben 17 imprese, operanti nel settore della grande distribuzione organizzata, tra cui un complesso di quattro noti ristoranti attivi nelle aree di Firenze, Campi Bisenzio e Rosignano Marittimo, uno dei quali gestito da un noto chef, che tuttavia è estraneo all’indagine.

L’ indagine ha permesso di ricostruire illeciti che andavano avanti nel tempo, almeno dal 2019. Ma come funzionava il sistema? In pratica, le società sottoscrivevano fittizi contratti di appalto con società cooperative di lavoratori, le quali facevano solo da intermediarie, senza ottemperare ai propri obblighi. Le cooperative avrebbero dovuto svolgere i servizi di facchinaggio e magazzinaggio contrattualmente pattuiti con una propria autonoma organizzazione di uomini e mezzi: in realtà si limitavano a fornire il personale, senza alcuna autorizzazione del Ministero del Lavoro. Gli operai venivano trattati come dipendenti diretti delle società, ma senza le tutele e i benefici di un contratto di assunzione. Oltre cento gli operai le cui posizioni sono state analizzate, molti dei quali reclutati approfittando del loro stato di bisogno. Dal 2019 al 2023, le imprese coinvolte, a fronte di fatture ricevute dalle cooperative per un imponibile complessivo di quasi 10 milioni e mezzo di euro, avrebbero evaso l’Iva per circa 2 milioni.

Martina Vacca