
Le indagini hanno ricostruito tutti i movimenti bancari sul conto della vittima dal 2019 al 2021 (foto di repertorio)
Pisa, 29 maggio 2025 – In due anni gli avrebbe svuotato in pratica il conto corrente. La figlia amministratrice di sostegno del padre è stata condannata dal Tribunale di Pisa, che le ha riconosciuto le attenuanti generiche, a 2 anni e 10 mesi. La storia arriva da Pisa e in questi giorni si è concluso il primo grado della vicenda. La donna, ultracinquantenne, originaria di altra regione, era accusata dei reati di peculato e rifiuto di atti d’ufficio. Il padre, un uomo non autosufficiente, era stato ricoverato in una casa di riposo del territorio.
Dal 2019 al 2021 la figlia gli avrebbe tolto 59.000 euro grazie a prelievi in contanti agli sportelli bancomat e spese personali. Di contro - l’accusa - non avrebbe pagato le rette della rsa in cui si trova il papà lasciando molti debiti. Tutta la storia è partita da una segnalazione della stessa struttura di ricovero al tribunale per mancato pagamento delle rette. A quel punto, è stato nominato un nuovo amministratore di sostegno che ha presentato un esposto in procura per far indagare le forze dell’ordine sulla vicenda.
Era stato il giudice tutelare a nominare la 50enne nel 2019 come amministratrice essendo il parente più vicino, la figlia, un provvedimento poi revocato con la nomina di un nuovo riferimento.
Martedì si è tenuta l’udienza finale davanti al collegio (Giovanni Zucconi, presidente, Annalisa Dini e Domenico Rocco Vatrano a latere). Ed è arrivata la condanna, sotto il minimo della pena considerati i reati contestati.
Secondo quanto è stato ricostruito attraverso i movimenti bancari, si sarebbero susseguiti prelievi corposi da anche oltre 10mila euro nell’arco di singoli trimestri, fino a sfiorare, in totale, quasi 60mila euro. L’indagine ha quindi portato al processo: la donna è stata assistita dall’avvocato Barbara Druda.