Una riflessione che parte dal vissuto quotidiano. Un tema difficile che non deve, però, essere un tabù. La Fondazione Casa Cardinale Maffi, realtà che si occupa di anziani, persone con disabilità e patologie psichiatriche fino a pazienti che vivono in Usv-Unità stati vegetativi, si è fermata per riflettere sul grande tema del fine vita. E lo ha fatto con un doppio incontro, il primo formativo per gli operatori, l’altro pubblico che ha visto la partecipazione di padre Carlo Casalone, docente all’Università pontificia gregoriana, e del rettore Unipi Ricardo Zucchi. Una iniziativa, introdotta dal presidente Maffi Franco Luigi Falorni, e coordinata dal dottor Giuseppe Meucci, membro del cda Maffi.
Perché l’urgenza di questa riflessione?
"La Maffi è costituita da strutture residenziali diverse, dislocate nel territorio della Toscana nord-occidentale. Entità che hanno un fondamento comune: vi risiedono persone fragili. Come Maffi ci prendiamo cura di ciascuno, lungo tutto il percorso. Nel tempo, per motivi legati all’età, gravi patologie acquisite, o al progredire di patologie croniche e degenerative, veniamo a trovarci di fronte alla realtà della morte e alla condivisione del fine vita".
Ci sono strutture della Fondazione in cui questo tema viene sentito maggiormente?
"Nella Unità Stati Vegetativi Aurora di Cecina, dove seguiamo attualmente 16 persone in stato di coma, stato vegetativo, stato di minima coscienza. Per ciascuna di queste persone viene assicurato un percorso di cura personalizzato, che si avvale di figure mediche, infermieristiche, assistenziali, con un supporto psicologico per tutti gli attori coinvolti e che comprende ogni possibile aspetto riabilitativo".
Quali sono le sfide e i problemi emergenti nell’Aurora?
"Stando ogni giorno sul campo, affrontiamo il tema del fine vita facendo nostro il percorso delle persone fragili che ci sono affidate, ma anche dei familiari, che se da un lato ci danno esempi preziosi di vicinanza, tenacia, affetto, dall’altro condividono domande sul senso della cura, sulla capacità di autodeterminazione della persona, sulle motivazioni del nostro agire, sulle linee da seguire e le scelte dei nostri interventi. Punti che non possiamo ignorare".
Sono temi generali, che hanno risonanza anche sui mezzi di comunicazione…
"In effetti i progressi della medicina ci mettono a disposizione provvedimenti terapeutici e mezzi di intervento che fino a pochi anni fa erano inimmaginabili. Ma l’adozione di un percorso di cura piuttosto che un altro ci impone di tener conto della singola persona, della sua storia, delle sue caratteristiche, per assicurare una proporzionalità degli interventi, un piano di trattamento ragionevole. E se da un lato è da evitare una ostinazione irragionevole dei trattamenti, dall’altro non si deve nemmeno pensare ad una rinuncia precoce delle cure, un abbandono immotivato".
Quali sono i riferimenti di base per l’attività della Fondazione, in questo ambito?
"E’ la carità cristiana. Un principio da declinare nella relazione con la persona. Siamo chiamati a saper stare, sostare, con pazienza, accanto alle persone che ci vengono affidate, tanto più quanto più gli eventi si fanno complicati".
Quali sono le indicazioni proposte da padre Casalone?
"Serve estrema prudenza. Abbiamo il compito di assicurare prossimità e supporto, tenendo presente che il faro è rappresentato dal valore e dal mistero della vita. Vi è in tutti noi la convinzione di dover proseguire in questo cammino di formazione, per vivere in modo consapevole le questioni del fine vita, in cui sono coinvolti - con ruoli diversi - comunità civile, scientifica, realtà socio-assistenziali. Ambito in cui la Fondazione è impegnata a testimoniare i propri valori, in un dialogo franco e aperto".