
Una delle opere esposte alla mostra “Conversazioni sulla natura” (foto Nizza)
La scultura non è mai solo materia: è spazio che vibra, esperienza fisica che ti cambia. Lo ha dimostrato con forza la mostra “Gigi Guadagnucci Gio’ Pomodoro | Conversazione sulla natura”, che ha riportato Massa al centro dell’attenzione nazionale con numeri da record e un entusiasmo che non si vedeva da anni. Dall’inaugurazione del 21 giugno al 21 agosto sono stati registrati 1.622 ingressi, più del triplo rispetto allo stesso periodo del 2024 e del 2023, mentre sui social i dati hanno toccato quota 950.000 visualizzazioni in 90 giorni, con una crescita del +15.000% rispetto all’anno scorso.
L’assessora alla cultura Monica Bertoneri ha seguito passo passo ogni fase. "Abbiamo voluto una mostra che desse un segnale forte e il pubblico ci ha dato ragione – commenta –. È solo un primo passo: stiamo già preparando altre esposizioni di pari livello, perché Massa ha tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento nel panorama culturale italiano". Il percorso espositivo, curato da Mirco Taddeucci con la collaborazione di Bruto Pomodoro e con testi critici di Paolo Bolpagni, ha costruito un dialogo serrato tra i due maestri del Novecento. Al piano nobile e negli spazi del museo, le opere di Gio’ Pomodoro – dal Sole Caduto per Galileo Galilei a Folla e Tracce – si intrecciavano alle sculture di Guadagnucci, mentre nel giardino la monumentale ‘Albero’ entrava in relazione con la natura circostante. Un allestimento pensato per rendere evidente il filo che lega materia e spazio, classicità e ricerca, tradizione e innovazione.
Il figlio dell’artista, Bruto Pomodoro, ha sottolineato il cuore del progetto: "Il confronto tra due scultori di fama internazionale offre un importante spunto culturale per dimostrare alle generazioni future quanto fecondo fu quel periodo storico per l’arte contemporanea italiana, all’insegna della tradizione del nuovo". Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti, nel catalogo ha scritto: "Durante il Novecento tutte le arti hanno attraversato una crisi di linguaggio, ma è stata la scultura a conoscere le trasformazioni più radicali. Le ricerche di Gio’ e di Gigi lo dimostrano con forza". A ribadire la centralità del rigore tecnico è stata Anna Vittoria Laghi, membro del comitato scientifico del Museo Guadagnucci: "Sperimentazione e padronanza esecutiva hanno contraddistinto entrambi, con uno scetticismo che oggi appare ancora più attuale rispetto a un approccio spesso superficiale dei nostri giorni". Parole che trovano eco nelle riflessioni del critico Massimo Bertozzi, profondo conoscitore di Guadagnucci: "La presenza di una scultura lascia il segno nell’atto stesso del condividere lo spazio". Al di là dei dati e della risonanza mediatica, l’impatto reale si misura in gesti semplici, come quello di una bambina che ha lasciato sul registro del museo un cuoricino accanto a poche righe di gratitudine. Un segno piccolo, ma capace di raccontare meglio di qualsiasi statistica la forza di un evento che ha riportato Massa a immaginarsi città d’arte.
Michele Scuto