REDAZIONE GROSSETO

"I coltivatori meritano maggior tutela"

"L’agricoltura è la prima forma di prevenzione, manutenzione e controllo del territorio, per cui perché si continua a spendere milioni...

"L’agricoltura è la prima forma di prevenzione, manutenzione e controllo del territorio, per cui perché si continua a spendere milioni...

"L’agricoltura è la prima forma di prevenzione, manutenzione e controllo del territorio, per cui perché si continua a spendere milioni...

L’agricoltura è la prima forma di prevenzione, manutenzione e controllo del territorio, per cui perché si continua a spendere milioni di euro dopo le emergenze, quando basterebbe investire prima, sostenendo chi ogni giorno lavora la terra e la custodisce?

E’ quanto si chiede Enrico Rabazzi (nella foto), direttore di Cia Grosseto, che prende spunto dall’incendio che a Ferragosto ha distrutto oltre 400 ettari tra Roccalbegna, Campagnatico e le colline di Cana, attaccando poderi, pascoli e un capannone agricolo.

"È evidente – sottolinea Rabazzi – che dove l’uomo presidia e lavora la terra, il fuoco, così come l’acqua o il dissesto, trovano meno spazio per dilagare. Non è che l’incendio non ci sarebbe stato, ma l’impatto sarebbe stato molto più contenuto. Invece oggi ci troviamo a contare i danni, con costi enormi per le istituzioni e drammi per le famiglie coinvolte".

Disastri ai quali si aggiungono quelli che nascono per altri motivi ("Le aziende agricole – dice il direttore – fanno sempre più fatica a resistere: marginalità ridotte all’osso, costi di produzione insostenibili, burocrazia, carenza di infrastrutture, difficoltà nel reperire manodopera specializzata"), ma è la crisi climatica a metterci il carico da undici. "Siccità, bombe d’acqua e raccolti persi che significano la fine per molte imprese – denuncia Rabazzi –. Un raccolto perso oggi significa non rialzarsi più, perché i risparmi degli anni passati non ci sono: ogni stagione va peggio della precedente. E per il comparto zootecnico la situazione è aggravata dalla pressione crescente dei predatori. A Bruxelles, dopo anni di battaglie, è stato riconosciuto che alcune specie possono passare da ’strettamente protette’ a ’protette’. Un passo che apre agli Stati membri la possibilità di intervenire. Ma l’Italia resta immobile".