
Torna a Firenze il Festival dei Popoli
Firenze, 6 maggio 2025 - Sarà dedicato a Sarah Maldoror (1929–2020), voce rivoluzionaria e prima donna cineasta del cinema africano, l’omaggio in programma alla 66a edizione del Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario, che si terrà a Firenze dal 3 al 9 novembre con la direzione artistica di Alessandro Stellino e organizzativa di Claudia Maci.
La retrospettiva fa parte dalla collaborazione tra il Festival dei Popoli e Calliope Arts Foundation all’interno del progetto “Women Trailblazers in Documentary Cinema”, volto alla riscoperta e alla celebrazione di registe il cui lavoro sia stato sottovalutato o dimenticato nel corso degli anni.
La selezione intende celebrare l’opera della regista francese, panafricana d’adozione, impegnata a raccontare le guerre di liberazione delle ex colonie portoghesi, con un’attenzione particolare al ruolo delle donne nella lotta. Maldoror ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema con il suo sguardo potente e il suo impegno incrollabile per la giustizia sociale e l’affermazione delle identità africane.
Per accompagnare le proiezioni e presentare i film della regista a Firenze, sarà presente la figlia Annouchka de Andrade che ne cura il lascito e si occupa del restauro e della diffusione della sua opera.
“Quello che tributeremo a Sarah Maldoror è un omaggio doveroso e sentito - ha dichiarato Alessandro Stellino, direttore artistico del festival - non solo si tratta di una delle registe più rilevanti della storia del cinema ma anche di un’artista unica che ha raccontato per oltre mezzo secolo la natura dispotica del colonialismo, adoperandosi in prima persona per l’indipendenza dei paesi africani e facendo del proprio cinema uno strumento di conoscenza, lotta e liberazione. Oggi più che mai è importante mostrare il suo lavoro e condividerne i motivi di fondo, ricordare che l’amore per l’arte non può mai essere disgiunto dall’impegno civile e politico e che filmare implica sempre una presa di posizione, soprattutto laddove i diritti umani non sono adeguatamente tutelati”.
Da Algeri a Parigi, passando per Mosca, Bissau, Conakry, Bogotà, Panama e la Martinica, Sarah Maldoror non ha mai smesso di militare per la giustizia e la libertà. Nel suo cinema mosso da spirito decoloniale, combattivo e poetico, si fondono pittura e musica.
Nata a Ducados da padre originario della Guadalupa, si è scelta il nome Maldoror in onore del poema di Lautréamont, con una presa di posizione che riflette il suo impegno artistico e politico. Dopo aver fondato nel 1956 la prima compagnia teatrale di attori neri in Francia, I Griot, nel 1966 è già assistente alla regia di Pontecorvo per “La battaglia di Algeri”, e poi di William Klein in “Festival panafricain d’Alger” (1969). Il suo primo lungometraggio è anche il primo realizzato da una regista africana nella storia: “Sambizanga” (1972), tratto da un romanzo dello scrittore angolano José Luandino Vieira, segue le vicissitudini di una giovane donna il cui marito è stato incarcerato in Angola dalle autorità portoghesi. In seguito all’incontro con Mario de Andrade, Maldoror ha spalancato la sua opera a costanti dialoghi con intellettuali, artisti e politici del mondo rivoluzionario e nei decenni seguenti ha realizzato decine di film: fiction, documentari e innumerevoli cortometraggi per la TV francese, alcuni in forma di appunti e di ritratto.
Saranno 12 le opere in programma all’interno dell’omaggio tra i quali, oltre al capolavoro Sambizanga, anche il corto d’esordio Monangambééé (1969) in versione restaurata, poi Aimé Césaire, un homme une terre (1976), ritratto di un poeta umanista, radicato nella sua nativa Martinica, che cerca ponti tra la cultura africana ed europea e riflette sui diversi tipi di neocolonialismo nell’epoca contemporanea; Aimé Césaire – Le Masque des mots (1987) in cui il sindaco, poeta e drammaturgo di Fort-de-France si interroga sul futuro della Martinica e sulla recrudescenza del razzismo nel mondo; Portrait de Assia Djebar (1989) dove la scrittrice algerina Djebar discute il ruolo delle donne nel mondo arabo e musulmano, e Léon G. Damas (1994) sul poeta della Guyana fondatore della Négritude.
L’omaggio rientra in un più ampio percorso di sostegno da parte di Calliope Arts al Festival dei Popoli che presenterà nel corso delle varie edizioni omaggi e focus dedicati a cineaste trascurate dalla storiografia dell’arte cinematografica, offrendo l’opportunità al pubblico di apprezzare l’opera di vere e proprie antesignane rimaste nell’ombra della loro epoca. Il progetto di collaborazione prevede anche l’elaborazione di percorsi tematici all’interno del cinema femminile, volti a valorizzare ulteriormente il processo di riscoperta non solo della produzione artistica nel suo complesso ma anche di movimenti o personalità e figure che meritano di essere riportate alla luce o non hanno ricevuto la dovuta attenzione.
Con l’intento di contribuire a riformulare una storia del cinema che, anche in ambito documentario, fino ad oggi è stata troppo spesso dimenticata e concepita a senso unico.