
Da sinistra, la sindaca Claudia Sereni con accanto Margherita Martini, in rappresentanza della famiglia donatrice,. e i dirigenti del settore cultura del comune di Scandicci
Rimarranno al comune le carte dell’archivio Martini. Erano state consegnate in custodia nel 1995 da Tosca Bucarelli, vedova di Roberto Martini ma soprattutto simbolo della resistenza fiorentina al nazifascismo; gli eredi hanno deciso di donare in toto l’archivio al comune che lo custodirà e lo valorizzerà ulteriormente. La decisione, sancita in una delibera della giunta che ha dato il via all’accettazione della donazione, è arrivata da Margherita e Mario Augusto Martini, che hanno concesso tutti i diritti connessi all’archivio aventi carattere patrimoniale, compresi quelli di utilizzazione di queste opere che hanno un valore storico non solo locale ma anche nazionale.
Nella villa Martini, oggi c’è la sede della scuola cani guida della Regione Toscana, ma tra la fine dell’Ottocento e per quasi un secolo, da quell’edificio è passata la storia d’Italia con la esse maiuscola. "Abbiamo accolto con grande soddisfazione la volontà della famiglia di dare al comune l’archivio. Lo possiamo considerare un prologo al centenario della nascita di Scandicci, che è diventato comune nel 1929. Lavoreremo a una valorizzazione di queste carte con eventi o pubblicazioni specifiche".
Nella documentazione ci sono le memorie di Mario Augusto Martini che è stato sindaco di Scandicci (che allora si chiamava Casellina e Torri) dal 1912 al 1919, e tra i fondatori del Partito Popolare, per il quale divenne deputato dal 1919 al 1921 quando viene nominato sottosegretario ai Lavori pubblici nei governi Facta. Venne eletto ancora nel 1924, dopo il delitto Matteotti aderì all’Aventino. Alla fine del luglio 1943, Martini entrò a far parte del Comitato toscano di liberazione nazionale. Dopo la liberazione di Firenze ebbe un breve esperienza come presidente della Provincia di Firenze, poi fu nominato ambasciatore in Brasile; ma partecipò come consulente di De Gasperi alla Conferenza di pace di Parigi.
Anche il figlio Roberto, antifascista già negli anni trenta, aderì al Partito comunista e, nel periodo della resistenza, partecipò attivamente alla lotta armata. Dopo la guerra fu sindaco di Scandicci dal 1947 al 1951; rivestì anche importanti cariche all’interno del Pci. Dopo i fatti di Ungheria del 1956 però rivide le sue scelte politiche e nel 1958 si dimise dal Partito, aderendo poi al PSI. Fu commissario straordinario della Croce Rossa di Firenze. Due storie, nella Storia.
Fabrizio Morviducci