ANDREA SPINELLI
Cronaca

Rock o crooner è sempre Tony Hadley: "La musica può arrivare al cuore"

L’artista sarà in Versiliana domani per festeggiare i 45 anni di carriera: prima con gli Spandau Ballet e poi da solista

L’artista sarà in Versiliana domani per festeggiare i 45 anni di carriera: prima con gli Spandau Ballet e poi da solista

L’artista sarà in Versiliana domani per festeggiare i 45 anni di carriera: prima con gli Spandau Ballet e poi da solista

Semplicemente Tony. "Anzi, ‘Antonio’ come dite in Italia" scherza l’uomo di “True” nell’attesa di planare il 27 agosto per reinventare sul palco della Versiliana con la Fabulous TH Band il suo passato che non passa. "Lo so che Anthony Patrick Hadley suona più elegante, ma ormai nessuno mi chiama così".

Una carriera di 45 anni: può riassumerla in tre momenti?

"La firma con gli Spandau Ballet del nostro primo contratto discografico, perché senza quello non c’è carriera. Poi la partecipazione al progetto Band Aid e il Live Aid. Terzo essere riuscito a sopravvivere come solista".

Ricordi del primo tour italiano degli Spandau nel 1981?

"Non eravamo ancora famosi e a Milano suonammo in un posto vicino a quello in cui avrebbe dovuto esibirsi Iggy Pop, che però all’ultimo cancellò lo show. Così il suo pubblico venne al nostro concerto e, trattandosi di punk, fu come dire, una bella rissa. Finito lo spettacolo, uscendo dal locale, trovai in strada alcuni che ancora se le davano di santa ragione".

L’ultimo lavoro “The mood I’m in” è un album con big band: meglio il Tony crooner o rock?

"Difficile rispondere. Probabilmente entrambi, perché amo Frank Sinatra, Tony Bennett, Ella Fitzgerald, Sammy Davis jr., Dean Martin, ma sono cresciuto col pop-rock di Elton John, Rod Stewart, Roxy Music, David Bowie, i Queen. Mi sento fortunato di poter spaziare in entrambi gli ambiti".

La vita gliel’ha cambiata a 17 anni un concerto di Sinatra.

"Andai ad ascoltarlo con mia madre Josephine, che oggi ha 92 anni ed è ancora una donna grandiosa. Dopo lo spettacolo riuscii addirittura a stringergli la mano e a scambiarci due parole. Ol’ Blue Eyes mi chiese cosa facessi, risposi che andavo a scuola, cantavo in una band e un giorno mi sarebbe piaciuto esibirmi su quel palco. Sei anni dopo è accaduto veramente".

Lei ha avuto tre matrimoni: due con le sue mogli e uno con la band. Basta così?

"Sì, grazie. Non me ne servono altri. Ho una bella sintonia con le madri dei miei cinque figli che, grazie al cielo, vanno d’accordo pure fra loro. Con la band, invece, ho finito per divorziare. Pure quello col gruppo è un matrimonio, con differenze di carattere, di opinioni, di personalità. E questo può portare frizioni".

A proposito di famiglia, lei è diventato nonno da poco.

"Mia figlia Toni e suo marito Andy mi hanno fatto questo regalo, il nipote si chiama Frederick, anzi Freddie, ed è davvero bellissimo".

Due anni fa ha registrato “I was only sixteen” canzone scritta dai giovani pazienti della Pediatria Oncologica dell’Ist. Nazionale Tumori di Milano.

"A tirarmi nel progetto è stato Faso, bassista degli Elii. La musica era buona, ma a convincermi sono stati i testi, composti da bambini che stavano attraversando l’orribile esperienza delle cure anticancro. L’ho trovata una cosa bellissima da fare, anche perché quelle parole erano fantastiche e sentivo che arrivavano dritte dal cuore”.

Andrea Spinelli