MANUELA PLASTINA
Cronaca

Paese si mobilita per il bimbo cieco. “In Senegal il nostro Babacar sarebbe tagliato fuori”

Il piccolo ha un anno e mezzo e una malattia rara che renderebbe vani interventi e trapianti al Meyer. Permesso di soggiorno sanitario scaduto: si cerca un lavoro al padre per far vivere qui la famiglia

Da destra Michele Cotugno, presidente della Fratellanza Popolare-Croce D’Oro di Grassina, la mamma Aissa e in auto, nell’ovetto, il piccolo Babacar con un peluche

Da destra Michele Cotugno, presidente della Fratellanza Popolare-Croce D’Oro di Grassina, la mamma Aissa e in auto, nell’ovetto, il piccolo Babacar con un peluche

Bagno a Ripoli (Firenze), 27 luglio 2025 – Babacar deve tornare a casa. I medici del Meyer hanno fatto di tutto per poter ridare almeno in parte la vista a questo bimbo senegalese, nato nel novembre del 2023, ma tutte le soluzioni terapeutiche, incluse chirurgia e trapianti, non sono praticabili. Anzi, potrebbero peggiorare la situazione di una malattia rara e molto grave.

Il percorso diagnostico è completato e fa scadere il permesso sanitario che con mamma Aissa ha ottenuto e che giustifica la loro permanenza in Italia. Il 6 maggio sono arrivati a Firenze, grazie all’impegno della Fratellanza Popolare-Croce D’Oro di Grassina e al pisano di origine senegalese Ibrahima Dieng; il 6 agosto devono ripartire con l’aereo. In questi 3 mesi hanno vissuto nella sede dell’associazione, in un ambulatorio diventato monolocale con cucina e bagno; i volontari si sono presi cura di loro sotto tutti gli aspetti sanitari, umani, personali.

“In questi tre mesi – dice il presidente della Fratellanza Michele Cotugno – Babacar è cresciuto, ha cominciato a dire qualche parola, ci ha donato amore, abbracci, sorrisi. Distaccarsi da lui e dalla sua mamma è tanto doloroso”.

Non riesce a trattenere le lacrime, pensando che questo scricciolino di un anno e mezzo che ha fatto breccia nel cuore di tutti, in Senegal non potrà avere un futuro: lì chi ha una disabilità del genere non può frequentare la scuola, non ha le opportunità che un bimbo italiano con la sua patologia avrebbe. E neanche l’assistenza medica necessaria.

“Stiamo raccogliendo fondi su un conto corrente a lui dedicato per poter aiutare la famiglia – dice il presidente – Suo padre di lavoro cuce, la mamma fa la colf quando non si occupa di Babacar e degli altri tre figli. Guadagnano 3 euro al giorno, mangiano solo riso bollito. Non possono permettersi altro”.

Qualche settimana fa babbo e fratelli hanno rischiato lo sfratto perché non riescono a pagare l’affitto di casa. “Abbiamo provveduto noi” dice Cotugno. Vederli andare via sarà uno strazio, ma la loro nuova “famiglia allargata” di Grassina sta cercando un modo per farli trasferire tutti qui.

“Dobbiamo attendere l’apertura dei programmi nazionali dei flussi migratori e, nel frattempo, trovare un posto di lavoro al babbo, per poi puntare al ricongiungimento familiare”. Intanto la raccolta fondi servirà per dare a questa famiglia qualche opportunità in più. “Babacar mi ha cambiato il modo di vedere la vita e le cose materiali – dice Cotugno -. Lì faticano per 3 euro al giorno e soffrono la fame, noi facciamo la coda per l’ultimo costoso cellulare”. Il piccolo tornerà nella sua patria con l’amore di tanti nuovi “zii” italiani e un paio di occhiali speciali per proteggere i suoi occhi dalle infezioni.

“L’équipe del Meyer del professor Mancuso e dei medici Pasti e Vannucchi è andata ben oltre l’impegno clinico e professionale: hanno mostrato una sensibilità che rende onore. Più di così non si poteva fare”. Ma ora c’è da salutare Babacar, sperando che possa tornare in Italia per avere le opportunità di vita che merita.