
Il padre di Niccolò, Luigi Ciatti, durante un’iniziativa per ricordare il figlio
di Stefano Brogioni
In questi otto anni, le lacrime non si sono mai asciugate. Ma si sono trasformate in veleno. "La giustizia per Niccolò non è ancora arrivata", dice Luigi Ciatti, padre simbolo di una battaglia tutt’altro che vinta per suo figlio ucciso durante un pestaggio in discoteca a Lloret de Mar, dove Niccolò, 21enne di Scandicci, era in vacanza con gli amici. Era la notte del 12 agosto del 2017 e domani, come ogni anno da allora, la famiglia ricorderà Niccolò con una Messa alla chiesa di Casellina. Ma nonostante siano passati otto anni, i processi non sono ancora finiti. C’è la condanna di cartone al ceceno Rassoul Bissoultanov, al quale sono stati inflitti 23 anni di carcere dal tribunale di Roma (oggi diventati definitivi) ma che non ha mai neanche iniziato a scontare perché è riuscito a fuggire prima.
Dall’estate 2022 è un latitante, "e nessuno lo sta cercando", commenta amaro Luigi Ciatti. Una situazione processuale paradossale, dove la famiglia ha lottato per portare il processo in Italia - dove in effetti il ceceno ha avuto una condanna più pesante rispetto alla Spagna, seppur priva delle attenuanti - ma proprio l’Italia ha di fatto consentito la sua fuga. Infatti, dopo l’estradizione dalla Germania (il ceceno era stato fermato in quel Paese durante un permesso per recarsi dai parenti a Strasburgo, in Francia), un’ordinanza della Corte d’assise romana ha annullato la misura cautelare che, secondo quei giudici, non poteva essere firmata perché Bissoultanov non si trovava in Italia al momento dell’emissione dell’ordinanza che disponeva il carcere nei sui confronti, facendo venir meno la procedibilità. Ma il ricorso presentato dal difensore del ceceno, non era stato notificato ai legali delle persone offese. Dunque non era valido, come ha poi stabilito la Cassazione, quando però era troppo tardi: Bissoultanov aveva già fatto perdere le sue tracce quando, nel procedimento spagnolo poi “superato“ dall’esito di quello italiano, rischiava di finire un’altra volta dietro le sbarre. I Ciatti hanno fatto causa allo Stato, per vedere riconosciuto questo incredibile corto circuito della giustizia italiana. Il processo, avendo sullo sfondo le condotte di due magistrati che prestavano servizio a Roma (ma l’azione civile è nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri), si celebrerà a Perugia. La data, però, non è stata ancora fissata. E la giustizia per Niccolò, per ora, è solo scritta negli striscioni che la famiglia continua ad appendere in giro per la città.