
Davide Astori, morto a 31 anni per una grave patologia cardiaca che non gli era mai stata diagnosticata
Firenze, 27 agosto 2025 – “L’omissione, reiterata in due distinte occasioni, ha impedito la diagnosi di una patologia potenzialmente letale in un giovane atleta professionista, con le conseguenze drammatiche che ne sono derivate”. A dirlo sono i giudici della Cassazione nelle motivazione della sentenza che ha confermato la condanna a un anno di reclusione (pena sospesa) per il professore Giorgio Galanti, l’ex direttore sanitario di Medicina dello Sport dell’ospedale di Careggi accusato di omicidio colposo per aver certificato in due occasioni, nel 2016 e nel 2017, l’idoneità sportiva dell’allora capitano della Fiorentina, Davide Astori, morto a 31 anni per una fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena mai diagnosticata. Anche per la Corte di Cassazione la morte del calciatore, trovato nella camera di albergo a Udine la mattina del 4 marzo 2018, poteva essere evitata.
A pagina 22 del documento, i giudici della Suprema Corte, citando i colleghi della Corte d’Appello, spiegano che se il professor Galanti “avesse prescritto gli esami necessari, consentendo una diagnosi corretta della patologia, il decesso di Astori sarebbe stato evitato o, quantomeno, posticipato ad epoca significativamente posteriore”.
Nelle motivazioni si censura infatti il mancato impiego dell’Holter “per escludere la natura patologica associata a cardiopatia della predetta extrasistolia”. Proprio le aritmie rilevate durante le prove da sforzo del 2016 e del 2017, argomenta la Corte, “costituivano un sospetto clinico motivato per procedere agli accertamenti di secondo e terzo livello previsti dalle linee guida”.
L’aritmia “osservata nel 2014 e poi ancora nel 2016 e nel 2017, in un atleta professionista sottoposto quotidianamente a sforzi fisici intensi - si legge nella sentenza - doveva indurre, in base ad una buona pratica clinico-assistenziale, pur in assenza di familiarità e di sintomaticità, a sottoporre l’atleta ad indagine cardiologiche più approfondite per escludere la natura patologica associata a cardiopatia della predetta extrasistolia”. Il professore ha rilasciato due distinti certificati, non prescrivendo ulteriori accertamenti, “ritenendoli superflui”..
Infine, sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti, la Corte d’Appello di Firenze spiegava che “non possono essere riconosciute solo per l’incensuratezza del prevenuto o per la sua buona reputazione professionale”. E che “occorre considerare, oltre alla gravità del danno, che è evidente, anche il grado della colpa, e questa, per quanto già detto, non è stata affatto lieve”. Valutazione
condivisa anche dalla Cassazione: “Dal quadro probatorio è emersa la gravità della condotta colposa ascrivibile all’imputato, essendosi costui discostato dalle linee guida vigenti all’epoca, omettendo di prescrivere esami diagnostici fondamentali per la sicurezza del paziente”.
“Rispetto la sentenza ma non la condivido, in punto di accertamento del nesso di causa contravviene a consolidate regole di giudizio elaborate dalla stessa corte di cassazione”, commenta l’avvocato Sigfrido Fenyes difensore insieme al collega Tullio Padovani del professore Galanti. Nel giugno scorso Galanti era stato condannato a 1 anno, in primo grado, anche per l’altro filone d’indagine sul caso Astori, in cui ipotizza il falso ideologico per un certificato depositato nel procedimento principale.