
Barcellona nel ruolo di Rosina nel Barbiere di Siviglia sul palco del Maggio nel 2006
di Chiara Caselli
Né piramidi né sfingi. O armi luccicanti e monili d’oro. Al posto dei fasti dell’Antico Egitto, uno scenario di guerra, un altrove contemporaneo per raccontare i personaggi e la loro umanità, la psicologia e il dramma di chi subisce. Perché la storia degli uomini racconta soprattutto questo, e nemmeno gli spettatori di un grande teatro d’opera possono rimanere indifferenti. Giovedì alle 20, nell’ambito dell’87° Festival del Maggio, va in scena Aida, uno dei grandi capolavori verdiani. Sul podio torna Zubin Mehta, a confrontarsi con uno dei suoi titoli prediletti. La regia, connotata da tinte e luci cupe per esaltare l’aspetto nudo e umano dei personaggi, è ripresa dalla Bayerische Staatsoper di Monaco ed è firmata da Damiano Michieletto. Olga Maslova veste i panni della protagonista; SeokJong Baek è Radames. Daniel Luis de Vicente e Leon Kim si alternano nel ruolo di Amonasro.
Daniela Barcellona è Amneris, la figlia del faraone, uno dei ruoli-cardine della sua lunga e splendida carriera. Come vive questa esperienza? "Il Teatro del Maggio è stato uno dei primi palcoscenici in cui ho lavorato. Poi non ho avuto occasione di tornarci, se non nel 2019 in concerto con Muti. Il teatro è il più completo in Italia dal punto di vista degli spazi. Al suo interno c’è tutto, dalle sale prove, alla sartoria, al trucco. Il palcoscenico è bellissimo. E poi la puntualità, l’attenzione, la cura nell’organizzazione. Oggi è ancora meglio di prima".
Dopo tanto Rossini, anche in ruoli maschili, cosa vuol dire interpretare Amneris? "È uno dei miei ruoli preferiti; l’ultima volta l’ho cantato al Teatro Colon di Buenos Aires qualche mese fa. L’ho affrontato tardi, a carriera avviata, la voce mi ha portato in quella direzione e lo amo moltissimo. Ma il belcanto rossiniano mi ha insegnato a scolpire la parola e a curare intensità e fraseggio. Il tirocinio del belcanto è stato fondamentale".
E in agosto a Pesaro sarà l’astuta Isabella ne L’italiana in Algeri di Rossini. È davvero così semplice? "Dal punto di vista scenico è molto divertente, da quello vocale un po’ meno. Avevo deciso di dedicare tutto giugno a Rossini, poi sono stata chiamata in extremis a sostituire Agnieszka Rehlis a ed ho accettato con grande piacere per tornare a lavorare con Zubin Mehta, uno dei grandissimi direttori del nostro tempo che ha il pregio unico di avere sempre il sorriso sulle labbra. Ma non è affatto facile sollecitare le agilità muscolari e sto cercando di stare il più possibile in forma. Vocalmente è una sfida. Se poi penso che nel gennaio scorso ho interpretato Brangäne nel Tristano di Wagner, posso dire che questo è un anno complicatissimo."
E cosa ci dice della regia di Michieletto? "È modernissima, attualissima, ambientata in un mondo di conflitti. È triste constatare che dall’antichità ad oggi non è cambiato niente. Si vedono anche immagini forti: bambini che muoiono a causa della guerra, una palestra piena di macerie, il duetto tra i due amanti che appartengono a fazioni diverse che si svolge nella cenere in mezzo alla distruzione. La vicenda bellica sovrasta quella amorosa. Ma è inutile chiudere gli occhi: quando mai impareremo dal passato?"