STEFANO BROGIONI
Cronaca

Licenziato dopo cinque giorni. Aveva suggerito miglioramenti

Una nota azienda d’arredamento condannata dal tribunale del lavoro

La sentenza del tribunale, sezione lavoro, ha dato ragione al dipendente licenziato da una catena di arredamento

La sentenza del tribunale, sezione lavoro, ha dato ragione al dipendente licenziato da una catena di arredamento

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Licenziato cinque giorni dopo l’assunzione per una mail al suo superiore in cui criticava l’organizzazione del lavoro. Per l’azienda - una nota catena toscana di arredamento -, è stato esercitato un diritto legittimo durante il periodo di prova, ma per il giudice del tribunale di Firenze, Carlotta Consani, il datore ha imposto "un mero arbitrio" nell’interrompere il rapporto, senza dare modo al lavoratore di misurarsi con la realtà professionale.

Tuttavia, il giudice non ha riconosciuto la reintegrazione, come richiesto dal legale del lavoratore, ma, confermando la fine del rapporto, ha disposto un’indennità pari a sei mesi di stipendio.

Ma cosa c’era scritto in quella lettera che l’impresa ha reputato "inadeguata"?

"Manca un processo strutturato nella formazione delle nuove risorse", "manca un numero verde dedicato alle vendite", "sono stato lasciato al pc a vedere 8 ore di progettazione al giorno", "ritengo che il database dei clienti attivi possa essere meglio sfruttato": ecco alcuni passaggi che avevano fatto pensare all’azienda di aver preso a bordo un dipendente "non adeguato a stare nel contesto aziendale".

All’indomani della mail, l’azienda convocò il dipendente e gli lesse la lettera di licenziamento. Poi è arrivata la causa al tribunale del lavoro, con cui il lavoratore lamentava l’illegittimità dell’atteggiamento tenuto nei suoi confronti dalla datrice di lavoro. Innescando un botta e risposta fra le parti.

Nei pochi giorni di permanenza in servizio, secondo l’azienda, il dipendente avrebbe "palesato, da subito, una condotta inadeguata e caraterizzata da forte disaccordo con le metodologie di lavoro adottate dall’azienda ritenute inefficaci; sugli strumenti informatici utilizzati per la gestione delle avvitià ritenuti di scarso valore, sul programma di formazione interna ritenuto non funzionale, sul modello di business aziendale ritenuto inefficace e desueto, palesando le proprie critiche al personale, creando condizioni stressogene negli altri lavorator e dimostrando così in tutto e per tutto un disallineamento con la datrice". Nonostante i pochi giorni di servizio prestati, ha concluso l’azienda, sono stati sufficienti a far sì di consentire ragionevolmente una valutazione di non idoneità".

Per il tribunale del lavoro, però quella mail è stato soltanto "lecito esercizio del diritto di critica", con modi "continenti e pertinenti", senza mai "alcuna espressione offensiva, indecorosa".

Quindi, in cinque giorni di lavoro rispetto ai sessanta di prova previsti dalla legge, la società non ha "dimostrato di aver effettivamente verificato le qualità professionali".

Nella sentenza, il giudice Consani ha comunque riconosciuto estinto il rapporto di lavoro, ma ha stabilito un’indennità al licenziato pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr.