REDAZIONE FIRENZE

“Il biennio di sangue”, il nuovo libro di Luca Tescaroli sulle stragi del 1993 e 1994

Il volume è stato presentato in Consiglio regionale. Giani: “Una testimonianza importante per non dimenticare”

Il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli con il governatore Eugenio Giani

Il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli con il governatore Eugenio Giani

Firenze, 24 luglio 2025 – Si chiama “Il biennio di sangue” e descrive il periodo intorno al 1993, tra crisi di governo, Tangentopoli, lo sfaldamento di un’intera classe politica e dirigente e il clima “infame”, come lo descrisse giusto un anno prima Bettino Craxi dopo il suicidio del deputato socialista Sergio Moroni, coinvolto nella vicenda giudiziaria di Mani pulite. E’ il titolo del nuovo libro di Luca Tescaroli, magistrato e dal 10 luglio 2024 procuratore della Repubblica di Prato, presentato ieri 23 luglio presso la sede della Giunta regionale toscana.

Il volume parla del lavoro svolto come coordinatore della Direzione distrettuale antimafia a Firenze, incaricato di riprendere nelle sue mani le indagini sulle stragi compiute in quegli anni, che si sono poi concluse con l’individuazione e la condanna degli esponenti di Cosa Nostra colpevoli, con diversi gradi di responsabilità, dei crimini stragisti. “Il Presidente della Repubblica Ciampi – ricorda il presidente della regione Eugenio Giani – disse, nel corso di un incontro personale avuto in quegli anni, che temeva un colpo di Stato. Una frase che spiega quella stagione della storia italiana e indica anche una visione della strategia che era stata, da più parti, messa in campo”.

“Questo libro – continua Giani - mette in evidenza come quelle parole non erano un'esagerazione e denunciavano un pericolo reale. È fuori di dubbio che quando si trasporta una tonnellata di esplosivo dal Sud verso luoghi destinati ad essere gli obiettivi degli attentati del 1992 e 1993, quando ci si rende conto delle connessioni che Cosa nostra intreccia con gli ambienti dell'estrema destra eversiva, è chiaro oggi come lo era allora il messaggio che si intendeva dare alle più alte cariche dello Stato: interrompere il regime di carcere duro imposto dal 41 bis, cioè dei provvedimenti più restrittivi adottati contro i mafiosi”.

In quel biennio furono colpiti politici, magistrati, persone impegnate nella lotta contro la mafia e opere d'arte nazionali a Palermo, Roma, Milano, in un elenco di lutti impressionante. A Firenze l'autobomba collocata in via dei Georgofili, accanto alla Galleria degli Uffizi, provocò il crollo dell'adiacente Torre dei Pulci e la morte dei coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume con le loro figlie Nadia, nove anni, e Caterina, cinquanta giorni di vita, assieme allo studente universitario Dario Capolicchio. Furono oltre quaranta le persone che rimasero ferite.

“La caratteristica del libro del procuratore Tescaroli - continua Giani - è quella di raccontare fatti basati su atti processuali, non interpretazioni o opinioni, che permettono di cogliere elementi confermati dalle sentenze e dalle prove maturate nelle aule di giustizia. Tutto questo attraverso una scrittura agile, immediata che crea emozioni e suggestioni particolarmente significative perché collegate alla cronaca ed ai nomi riportati dai giornali e dai media anche negli ultimi due anni ed ai protagonisti di una strategia stragista che in Toscana ritorna nella memoria della Firenze devastata dall’attentato di via De Georgofili”.

Avvenimenti di oltre trent’anni fa e che per trent’anni si sono trascinati nelle vicende e nella cronaca politica e giudiziaria italiana fra opacità, dietrologie, strumentalizzazioni e depistaggi che vanno oltre la matrice mafiosa e continuano a corrodere ancora oggi il già fragile sentimento di fiducia dei cittadini nelle Istituzioni. Il nostro ufficio, scrive Tescaroli nella sua postfazione al volume, è stato oggetto di attacchi istituzionali e mediatici a ogni livello e senza precedenti. Il che, aggiunge poi il magistrato, ha reso più difficoltoso il cammino compiuto alla ricerca della verità.

“Conoscere i fatti - spiega Luca Tescaroli - ci può aiutare a prendere le distanze da quello che è avvenuto, una volta e per sempre. C'è un dato di fatto molto importante che va sottolineato: sebbene le organizzazioni mafiose del nostro Paese abbiano cercato di colpire uomini delle Istituzioni, e siano tornate a farlo in maniera selettiva, da quegli anni non abbiamo più assistito ad un attacco frontale così violento nei confronti dello Stato e dei cittadini. Il merito va agli uomini delle Istituzioni, ad ogni livello, che hanno saputo infliggere colpi durissimi a coloro che avevano alzato il tiro in quel modo barbaro. Oggi la mafia è certamente molto meno pericolosa di quando non lo fosse all’esordio della strategia stragista”.

“Il libro del procuratore Tescaroli ha un dono, è scritto in modo semplice”, sottolinea Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto. “Quando un libro si lascia leggere in questo modo – aggiunge - c’è qualcosa nelle pagine che riguarda e tocca la mia generazione, perché quegli anni li abbiamo vissuti. Riguarda momenti che restano per sempre nella memoria. Ognuno di noi ricorda quello che faceva in quel momento: la sera dell’attentato in via dei Georgofili ero a Pontassieve a casa di una collega d'università e quando tornai a Firenze all'improvviso si spensero tutte le luci. Una Firenze buia in una situazione stranissima. Al momento non si capì cosa era successo. Tornato a casa rimasi tutta la notte ad ascoltare la radio per capire cosa era successo. Ad un certo punto ascoltai la parola che mai avrei voluto sentire: attentato. Poi, nel corso degli anni anni, le domande, gli interrogativi, i sospetti, un passato che non passa. Vengono in mente le parole di una canzone di Fabi Fibra e Gianna Nannini: l'Italia è il Paese delle mezze verità”.

In 280 pagine il libro di Luca Tescaroli ricostruisce gli avvenimenti del 1993 /94 nei loro antefatti che risalgono agli anni Settanta e Ottanta per arrivare fino agli episodi stragisti del “biennio di sangue”, rendendo conto dell’apporto fornito alle indagini dai collaboratori di giustizia, delle condanne dei trentadue autori materiali, nomi familiari alla cronaca giudiziaria italiana, e del ruolo degli imputati assolti. Si scrive di verità accertata, si elencano i quesiti che restano ancora irrisolti e gli spunti investigativi ancora da approfondire, quelli che ancora oggi alimentano polemiche fra i partiti e nei media.