
Vittoria davanti alla Corte dei conti per un allenatore di calcio giovanile pensionato con le agevolazioni del “quota 100“
di Stefano BrogioniFIRENZESi era visto chiedere indietro dall’Inps la pensione ottenuta con l’agevolazione del “quota 100“ per colpa di un contratto da allenatore sportivo giovanile, ma la sentenza della Corte dei Conti ha dato ragione al pensionato, che non dovrà quindi restituire i soldi percepiti.
Una sentenza che, anche se non sono ancora disponibili le motivazioni, porta una ventata di serenità non soltanto al diretto interessato, ma, di riflesso, a centinaia di persone che si sono trovate in questa situazione da quando è stata introdotta la riforma dello sport.
Soddisfazione anche per l’avvocato Marco Checcucci, che ha visto riconosciute dai giudici contabili della Toscana le proprie argomentazioni: ossia che una collaborazione che equivale a poco più che volontariato con una società dilettantistica (per somme che non superano la soglie dei cinquemila euro all’anno) non può essere paragonata a un contratto continuativo.
"La decisione è importante - commenta con soddisfazione l’avvocato Checcucci - è un altro tassello che si aggiunge all’interpretazione che riteniamo corretta e va a confortare le centinaia di persone che si sono trovate in questa situazione".
Avevamo infatti stimato che soltanto nella provincia di Firenze ci sarebbero un centinaio di casi simili a questo, in cui l’Inps aveva sollevato incompatibilità tra il pensionamento facilitato previsto dal quota 100 e la riscossione delle piccole somme previste.
Questa paradossale situazione si è creata, in tutta Italia, in seguito all’introduzione della recente riforma dello sport. Che se da un lato ha permesso di sanare e regolarizzare tanti rapporti di lavoro per vere e proprie professioni nell’ambito sportivo che non avevano i giusti inquadramenti, ha trasformato anche le piccole società amatoriali in una sorta di imprese costrette ad assoldare commercialisti o consulenti del lavoro per sbrigare tutto il fardello della burocrazia fiscale.
Risultato: anche chi insegna per quattro ore al mese è considerato un lavoratore dipendente e deve essere registrato su un portale apposito collegato all’ufficio dell’agenzia delle entrate. Con un aggravio di tempo.
Queste figure vengono perdipiù considerate lavoratori, anche quando gli importi percepiti non sono certo stipendi ma rimborsi o poco più. Com’era appunto il caso su cui ha deliberato la Corte dei Conti, facendo tirare un sospiro di sollievo a un vastissimo mondo di persone che dedicano il loro tempo a una società sportiva per passione e non certo per remunerazione.