
Antonio Natali, nato a Piombino nel 1951, vive a Firenze dal 1966
Firenze, 1 giugno 2025 – Quando uno nasce al mare, rimpiange per sempre il rumore e il profumo delle onde. È così anche per lo storico dell’arte Antonio Natali che, nato a Piombino nel 1951, vive a Firenze dal 1966. Dove ha lavorato agli Uffizi dal gennaio del 1981 all’agosto del 2016, con l’incarico di direttore dal 2006 al 2015.
Professor Natali, lei si sente fiorentino, nonostante le origini livornesi?
“Sì, anche se in verità mi sento un apolide. Sono arrivato giusto in tempo per vedermi l’alluvione, col trasferimento del babbo al liceo Galileo per insegnare italiano e latino. Se c’è una cosa che a Firenze a me manca è il mare. E come dice la canzone, il mare d’inverno. D’estate no, ci sono troppi miei concittadini fiorentini”.
Cosa ha fatto da quando ha lasciato la direzione agli Uffizi?
“Molte cose, a cominciare dalla mostra a Palazzo Strozzi sul Cinquecento a Firenze; molte esposizioni a Pontassieve dove ne ho appena inaugurata una dedicata a Giovanni Paszkowski, artista fiorentino che i fiorentini dovrebbero conoscere meglio, magari aiutati da chi si occupa di arte contemporanea”.
Il contemporaneo fino ad ora non ha avuto vita facile in città.
“Direi diversamente: l’arte contemporanea va bene se ha completamente rotto con la tradizione. Mentre io credo che contemporaneo vada usato per dire “dello stesso tempo“. E quindi va bene considerare chi fa performance, invenzioni d’ambiente o altro, ma anche chi lavora nell’alveo della tradizione con spirito assolutamente autonomo. Come Paszkowski, per altro nipote di Giovanni Papini”.
La cosa più bella che ha realizzato agli Uffizi?
“Il restauro completo della Tribuna, dall’impiantito alle seimila conchiglie della cupola. Era il 2012 e alla fine dissi: mi sento come un pugile che ha vinto la Coppa del Mondo. Mi converrebbe andar via, perché poi la vita riserva delle delusioni. E diciamo che sono stato un profeta”.

Un ricordo della tragedia dei Georgofili?
“All’epoca ero direttore del dipartimento arte del Rinascimento. In un mese persi sette chili. Per quanto abbiamo potuto fare per salvare il patrimonio artistico e riaprire alla svelta gli Uffizi, niente ripaga né compensa la tragedia delle vite perse nell’esplosione di quella notte. E che dire oggi dei 16mila bambini morti a Gaza?”
In questi anni direbbe una cosa di buono fatta dai suoi successori agli Uffizi?
“Eh..con l’età la memoria si perde”.
Ma secondo lei, meglio Eike Schmidt o Simone Verde?
“Questo non lo dirò mai. Ovviamente ho una mia opinione, ma non la dico per rispetto di chi c’è oggi”.
Lei è un tifoso della Fiorentina, cosa ne pensa delle dimissioni di Palladino?
“Penso che abbiamo fatto un’altra figuraccia. Non lo rimpiango, come non ho rimpianto Vincenzo Italiano. Di sicuro con la squadra che avevamo quest’anno un allenatore di polso avrebbe cavato più punti”.
Si dice che i fiorentini siano litigiosi per natura.
“I fiorentini sono litigiosi, questo è un punto fermo, va preso come assioma. E spesso lo sono senza ragione. Poi spetta a chi deve esprimere un giudizio critico rilevare quando la rabbia e la critica dura hanno un senso e quando non ce l’hanno”.
E quando è che i fiorentini hanno torto secondo lei?
“Quando bloccano tutto quello che sta per essere fatto. Basti pensare al concorso internazionale per l’uscita degli Uffizi, vinto da Isozaki. Sappiamo tutti come sia finita. Ma lo stesso è accaduto in passato: quando entro al Museo dell’Opera del Duomo guardo tutti quei progetti per le facciate della cattedrale che non sono state realizzate fino all’Ottocento. Eppure sono bellissime. Ma no, c’era sempre qualcosa che non andava. Questo significa la paralisi e in questo senso noi fiorentini spesso ci siamo fatti del male”.
Lei abita a San Salvi, lontana dall’assalto dei turisti. Che rapporto ha col quartiere?
“Ottimo. Ad esempio collaboro con l’associazione La Tinaia, che si occupa di persone con difficoltà di vario tipo, che trovano un luogo per fare attività ed esprimersi liberamente, senza schemi. Del resto anche un grande artista come Piero di Cosimo, Vasari lo racconta, sarebbe stato ancor più bravo se la gente non lo avesse considerato matto. Che poi è ciò che diciamo di chi è un po’ deviante rispetto al costume comune. Che può diventare una cosa peggiore: conformismo, su cui specula il potere politico”.
E sul centro storico che le viene da dire?
“Ho pubblicato da poco un libretto che si intitola ’I luoghi della speranza’, ossia quelli non frequentati. Perché l’unico modo per smettere di lamentarsi dell’affollamento in centro è far conoscere i tantissimi luoghi di cui la gente ignora la grandezza storica e poetica. Basterebbero il Chiostrino dei voti di Santissima Annunziata con i dipinti di Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino, Pontormo; Il chiostrino dello Scalzo, i tanti cenacoli fra cui quello di Andrea del Sarto qui a San Salvi . Non li conosce nessuno, ma non dico gli islandesi, dico i fiorentini. E la responsabilità è di chi governa, l’educazione spetta a loro per dovere”.
Il suo successore agli Uffizi Schmidt si è candidato a sindaco. Lei lo farebbe mai?
“Perché no, certo non per Fratelli d’Italia. Io non ho mai avuto tessere di partito o di qualche confraternita alle spalle. Perché mi piace essere libero”.
Adesso ce l’ha un po’ di tempo per i suoi tre nipoti?
“Purtroppo no. E lo rimpiangerò come è accaduto con le mie tre figlie. Che però di recente mi hanno detto una cosa molto bella: babbo te c’eri poco, ma non mancavi mai. Per il mio nipotino Matteo che ha sette anni comunque un cosa l’ho già fatta: l’ho fatto diventare un grande tifoso della Fiorentina, va a scuola con la maglia viola”.
Condannato a soffrire, quindi.
“Beh, però almeno si abitua a stare anche con chi perde. Una lezione di vita”.