ELETTRA GULLE'
Cronaca

I musei come set: "Quelle opere?. Da consumare"

Il sociologo Scalia: "Vietare i selfie primo passo. Serve recuperare il senso del bene collettivo".

Il celebre scatto che immortala l’influencer Chiara Ferragni davanti alla Venere di Botticelli agli Uffizi nel 2020

Il celebre scatto che immortala l’influencer Chiara Ferragni davanti alla Venere di Botticelli agli Uffizi nel 2020

In piedi, in posa, con lo smartphone puntato e lo sguardo all’obiettivo, non all’opera. È così che troppi turisti vivono oggi i musei, trasformando sale storiche in set. Ne abbiamo parlato col professor Vincenzo Scalia, sociologo dell’Università di Firenze.

Professor Scalia, oggi molti turisti sembrano più interessati a fotografarsi davanti a un’opera che a guardarla. Cosa succede?

"È sotto gli occhi di tutti. I musei e i centri storici sono sempre più vissuti come scenografie per la propria immagine digitale. Non si guarda più davvero un’opera, ci si fotografa con essa per dimostrare di esserci stati. L’opera non si contempla, si usa. Si consuma".

Quali sono, secondo lei, le radici di questo comportamento?

"Viviamo immersi in una cultura della riproducibilità e, appunto, del consumo. Le opere vengono decontestualizzate, svuotate del loro significato storico, culturale, sociale e ridotte a oggetti da esibire. E quindi inciampare in un’opera d’arte diventa come cadere su un oggetto qualsiasi. Una volta consumato individualmente, l’oggetto può anche essere buttato".

Ma l’opera d’arte è un bene collettivo. Perché non viene più percepita come tale?

"Perché ci si comporta sempre più da individui consumatori e sempre meno da cittadini consapevoli. Non si riflette sul fatto che se oggi possiamo ammirare certi capolavori è solo perché per secoli sono stati custoditi e protetti. Manca cultura, manca consapevolezza, manca il senso del bene comune".

Chi incolpare? I social, l’over-tourism? Oppure la causa è molto più ampia?

"È difficile trovare colpevoli unici. È un circolo vizioso. Cosa dovremmo fare, far venire meno turisti? E i commercianti, l’indotto economico, come reagirebbe? Tutto ruota attorno all’idea dominante della cultura come consumo. La scuola potrebbe far molto, ma si scontra con una società che mette il consumismo al primo posto. Il problema non è nato con i social: Totò che vende la Fontana di Trevi era già una satira dell’ignoranza turistica. Oggi, con voli low cost e città orientate all’over-tourism, il problema è esploso. Non dimentichiamo che Santanchè, per promuovere il turismo, ha usato la Venere come testimonial, come una sorta di gadget".

Il direttore degli Uffizi ha annunciato che verranno posti dei limiti ai comportamenti "non compatibili con il senso delle istituzioni". È la strada giusta?

"Introdurre regolamenti, limitare o vietare i selfie in presenza di opere particolarmente importanti potrebbe essere un primo passo. Nei luoghi di culto esistono da sempre dei codici di comportamento: ci si copre le spalle, si parla sottovoce. Anche nei musei, certe regole andrebbero adottate".

Che ruolo hanno gli influencer in tutto questo? Ferragni fu invitata agli Uffizi e poi ci fu il boom.

"In termini di visibilità, ha funzionato. Ma che tipo di pubblico ha attirato? Quale messaggio è passato? Che anche l’opera più alta può diventare lo sfondo per uno scatto "instagrammabile"? Così si rischia di abbassare ulteriormente il livello culturale".

Elettra Gullè