
Le estati a Firenze sono sempre più roventi
Il braciere fiorentino ha carboni che in estate – specie nelle ultime, dove la colonnina si issa spesso verso quota 40, ardono più di altri. L’area Mercafir a Novoli – cemento a bizzeffe e alberi non pervenuti – è la chiazza rosso fuoco più grossa del territorio comunale come il grafico sopra mostra bene. Ma ’brucia’ anche la zona dell’aeroporto di Peretola, le aree che gravitano intorno alle stazioni ferroviarie – da Santa Maria Novella a Rifredi, compresa Campo di Marte – i paraggi dei centri commerciali (piazza Bartali è l’unica chiazza rossa di Gavinana) e dei fabbricati industriali come si nota nella zona di via Empoli vicino al viale Talenti.
In generale è il quadrante nord ovest, dalla Fortezza da Basso a Novoli, quello più bollente di Firenze ma anche il centro storico non se la passa bene con Santa Croce che ha il fiato corto e anche parte di Sant’Ambrogio. Si respira un po’ di più – si fa per dire – all’Isolotto, a Bellariva, a Gavinana e alle Cure.
Ad analizzare il caso fiorentino – e degli altri capoluoghi di regione – delle isole di calore urbane è uno studio coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), svolto in collaborazione con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) italiai. Una ricerca maturato nell’ambito del progetto Mirificus (monitoraggio degli interventi di riforestazione per l’isola di calore urbana tramite i satelliti), pubblicata sulla rivista Remote Sensing Applications: Society and Environment, si è avvalsa dell’utilizzo dei dati satellitari NASA e Copernicus, monitorando il periodo estivo, tra giugno e agosto, nel decennio 2013-2023.
L’isola di calore superficiale è un evento microclimatico per il quale il riscaldamento delle superfici artificiali impermeabili nelle aree urbane determina la formazione di veri e propri ‘arcipelaghi di calore’.
Marco Morabito, ricercatore del Cnr-Ibe e coordinatore della ricerca ci aiuta a capire meglio cosa avviene nei mesi bollenti dell’anno. "In particolar modo nella stagione estiva, queste superfici artificiali – riscaldandosi rapidamente e accumulando molto calore – generano delle aree con temperature più alte che hanno implicazioni significative sulla vivibilità delle città e sulla salute delle persone. Attraverso la nostra ricerca abbiamo rilevato una presenza diffusa delle SUHI in tutti i capoluoghi analizzati, indipendentemente dalla posizione geografica, con anomalie termiche sia nelle aree centrali che in quelle periferiche".
Secondo i risultati raccolti – si legge nella nota diffusa ieri – l’intensità delle isole di calore è strettamente legata alla topografia delle città, oltre che alla presenza di superfici artificiali impermeabili. "Le città con maggiore complessità topografica e più verde nelle aree periferiche come L’Aquila, Genova, Torino, Trieste e Trento, presentano differenze termiche più accentuate tra le zone centrali e quelle meno urbanizzate" mentre con territori topograficamente più uniformi e prevalentemente di pianura, tra cui c’è appunto Firenze insieme a Napoli, Milano e Roma mostrano invece intensità dell’isola di calore più contenute, seppur sempre evidenti, o addirittura situazioni inverse nelle quali la temperatura superficiale del centro città risulta mediamente meno elevata di quella delle zone urbane esterne" prosegue il ricercatore.
Cosa significa questo per Firenze? E’ ancora Morabito a venirci incontro: "Una volta si diceva che i centri storici erano i luoghi in assoluto più caldi delle città e che le temperature tendevano ad abbassarsi man mano che ci si spostava verso le periferie" premette il ricercatore. Che poi attualizza il tutto: "Oggi il fenomeno del consumo del suolo si estende nelle zone semicentrali e periferiche che sono sempre più antropizzate. Questo genera i cosiddetti arcipelaghi di calore, autentiche bolle d’aria calda, e la Mercafir a Novoli ne è un chiaro esempio". In sostanza non è che a Firenze fa meno caldo che altrove è che, detto in soldoni, fa caldo quasi dapperutto.
Come affrontare questi fenomeni? "Crerae delle cinture verdi nelel periferie mitigherebbe anche le zone centrali" insiste Morabito che suggerisce anche "pavimentazioni più performanti" ovvero in grado di trattenere più calore di quanto non facciano la maggior parte degli aslfalti che vediamo oggi in città, predisposti a ’risputare’ fuori il bollore accumulato.
"I dati analizzati dimostrano che con un aumento del 5% della copertura arborea a livello comunale si può ridurre la temperatura media superficiale di oltre mezzo grado celsius" conclude l’esperto.