Elena Burigana
Cronaca

Dalla Palestina a Firenze, il Meyer è la luce di Nur: “Voglio fare il dottore. E ora studio l’italiano”

Ragazzina palestinese salvata in ospedale. Insieme a lei anche la famiglia. La visita del consigliere regionale FI Marco Stella: “C’è bisogno di pace”

Dalla Palestina a Firenze, il Meyer è la luce di Nur: “Voglio fare il dottore. E ora studio l’italiano”

Firenze, 22 agosto 2025 – Ha dodici anni e si chiama Nur, un nome che in arabo significa “luce”. È sopravvissuta all’oscurità della guerra a Gaza, in Palestina. Oggi si trova in un letto dell’ospedale pediatrico Meyer, dove sta affrontando il percorso di cura dopo essere rimasta ferita nei bombardamenti. Accanto a lei ci sono i genitori. Sul volto, un sorriso luminoso che sembra riflettere il significato del suo nome.

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Marco Stella con Nur (a destra) e la sua famiglia. Sopra Emanuele Gori, direttore sanitario del Meyer

Nur e la sua famiglia sono arrivati al Meyer la scorsa settimana, grazie a un programma di assistenza umanitaria del governo italiano, alla Cross e alla Prefettura di Firenze. Con loro, anche un bambino di quattro anni con una malattia ematica autoimmune e una diciassettenne con insufficienza renale.

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Dietro agli occhiali, Nur ha due grandi e profondi occhi neri, che raccontano un mondo fatto di speranza e un’immensa voglia di futuro. Vuole diventare medico un giorno, per poter aiutare le persone così come è stata aiutata lei. “Allora domani fai il giro di visite con me”, le dice la dottoressa che la segue. “Sarebbe un onore”, risponde Nur. Passa le sue giornate a leggere e a imparare l’italiano. Televisione poca. È spesso in giardino a giocare.

È possibile raccontare questa storia grazie alla testimonianza del segretario e consigliere regionale di Forza Italia Toscana, Marco Stella, che ieri ha portato alla famiglia palestinese il saluto delle istituzioni toscane e del governo. Un’occasione in cui ha ribadito l’impegno dell’Italia nel garantire protezione e cure ai più vulnerabili, oltre ogni confine e appartenenza.

“Ringrazio Dio e tutti voi per avermi portato via da quell’orrore”, prosegue Nur in piedi accanto al padre con il suo pigiama grigio e il suo hijab bianco. “L’ospedale mi ha dato la possibilità di salvarmi. Ha messo a disposizione bravi dottori e persone gentili che parlano la nostra lingua, come lei – indica la traduttrice al suo fianco – che riescono a far capire i sentimenti che abbiamo dentro”.

Emanuele Gori, direttore sanitario del Meyer, che ha accompagnato Stella durante la visita in ospedale spiega: “Dall’inizio del conflitto, i bambini provenienti da Gaza che siamo riusciti ad accogliere sono stati venticinque. Inoltre abbiamo ospitato oltre cento persone palestinesi tra parenti e fratelli. I bambini reagiscono bene, sono resilienti. Noi accogliamo tutti, pazienti gravi e meno gravi. Sono sempre persone che non dovranno più tornare lì. Noi ci siamo e speriamo di poter fare sempre di più”.

Durante la visita, la mamma di Nur con una mano sul cuore dice: “Sono molto grata a tutti voi per averci salvati dalla guerra. Non solo avete aiutato la nostra bambina, ora tutta la nostra famiglia, composta da sei persone, è in salvo”. Anche il padre, con gli occhi lucidi ringrazia e aggiunge: “Diamo tanto valore a quello che l’Italia ha fatto per noi. Ma devo chiedere: si potrà mai fare qualcosa per mettere un punto definitivo a questa guerra, a quest’atrocità?”. Stella risponde: “Speriamo che la fine del conflitto arrivi il prima possibile. L’impegno da parte del governo, in primis del ministro Antonio Tajani, c’è”. Poi si rivolge a Nur: “Sei in ottime mani. Meglio di qui non potevi capitare. Vedrai che presto starai meglio. Oggi abbiamo bisogno di pace e luce”.  E l’interprete, con la voce che trema, guardando la bambina, traduce: salam e nur.