PAOLO PELLEGRINI
Cronaca

Bianco, parte la sfida toscana: "Giusta risposta ai grandi rossi"

L’associazione Donne del Vino: "Possiamo diventare riferimento per i consumatori internazionali"

Donatella Cinelli Colombini, alla guida dell’associazione Donne del Vino

Donatella Cinelli Colombini, alla guida dell’associazione Donne del Vino

In principio fu la Vernaccia di San Gimignano. Nobile e antica, tanto da essere citata dal Boccaccio nel "Decameron", era la novella del "paese di Bengodi", la terza dell’ottava giornata. E comunque, nobile anche perché, nella terra dei grandi rossi, la "regina ribelle", come l’hanno chiamata in tempi recenti, è stata il primo vino italiano a conquistare la Doc, e l’unico bianco toscano con la Docg.

Poi sì, c’è sempre stato il trebbiano, c’è sempre stata la Malvasia, ma erano guardati dall’alto in basso, i vinacci dei contadini, roba da taglio, del resto la celebre ricetta del Barone di Ferro Bettino Ricasoli per quello che sarebbe diventato il Chianti Classico li prevedeva sì nel blend, ma solo per il vino quotidiano, non certo per il rosso importante da invecchiamento. Poi però si sa, le cose cambiano sempre.

In tempi recenti, recentissimi, verso la costa – perché se ne parla anche nelle colline più interne della Maremma – è arrivato il boom del Vermentino, qua da noi – e non solo – è quasi l’antagonista del fastidiosissimo "prosecchino" negli aperitivi al chiringuito in riva al mare o a bordo piscina. E qua e là gli esperimenti sui bianchi si fanno sempre più convinti, dalla Lucchesia dove del resto già all’epoca di Napoleone si conoscevano i vitigni d’Oltralpe e non solo, fino alle province interne.

Qualche bel risultato si è ottenuto, ci sono Chardonnay anche nel Chianti Classico diventati famosi nel mondo, ci sono bottiglie di Viognier e perfino di Riesling o Pinot Bianco anche sulle colline fiorentine che sanno farsi apprezzare eccome. Per non parlare degli spumanti, per i quali proprio al recente Vinitaly il Consorzio Vino Toscana ha lanciato la corsa al riconoscimento ufficiale. I numeri però sono ancora deboli, a malapena si toccano i 250mila ettolitri totali.

E soprattutto manca un bianco-bandiera per la Toscana interna. A partire per una campagna strutturata sono, come al solito, le donne. L’associazione Donne del Vino, come fare a credere il contrario quanto alla guida c’è una certa Donatella Cinelli Colombini. L’assunto è semplice: "E’ il bianco – dice Donatella – la risposta al futuro e in una terra di grandi rossi come la Toscana interna possiamo giocarci la partita producendo un grande vino di riferimento per i consumatori internazionali", perché il mercato mondiale è sempre più orientato verso i bianchi.

Così, riunite in un tavolo all’Enoteca italiana di Siena con l’Accademia della Vite e del Vino e con l’Ais, Associazione italiana sommelier, hanno lanciato la sfida: mettere sul mercato un bianco autoctono, resistente ai cambiamenti climatici, complesso ma facile da bere, che racconti il territorio di produzione. Il vitigno c’è, "l’unico vitigno tra i bianchi autoctoni a resistere – dice Cinelli Colombini – è stato il Trebbiano che è sì il quinto vitigno più coltivato in Italia, ma in Toscana ha delle varianti autoctone che potrebbero essere prese in considerazione".