REDAZIONE FIRENZE

Arrestato per errore, resta in carcere otto mesi. Ma il rapinatore era un altro

Il 40enne non è stato riconosciuto dalle vittime nel processo. Durante il fermo venne anche atterrato con una scarica di taser

Il carcere di Sollicciano in una foto di repertorio (fotocronache Germogli)

Il carcere di Sollicciano in una foto di repertorio (fotocronache Germogli)

Firenze, 20 luglio 2025 – Lo hanno avvicinato in via Alamanni per un normale controllo di routine. Alla vista degli agenti, il 40enne di origini tunisine, si dà alla fuga, dopo avergli urlato contro offese di ogni genere. Scatta l’inseguimento. I poliziotti durante il percorso vengono avvisati da due passati che l’uomo è armato di coltello, con il quale poco prima – si legge nel verbale – li aveva minacciati per avere una sigaretta.

Una volta raggiunto, la situazione degenera rapidamente. Viene estratto un taser e dopo alcuni momenti di tensione, il 40enne viene atterrato con una scarica, poi ammanettato e portato nei vicini uffici della stazione di Santa Maria Novella. Nei giorni seguenti l’arresto viene convalidato dal giudice, e l’uomo finisce a Sollicciano con l’accusa di rapina e resistenza a pubblico ufficiale.

Tutto ciò succede nell’agosto del 2024. E a distanza di quasi un anno, l’intera storia è stata sovvertita. Il 40enne – difeso dall’avvocato Elisa Baldocci –, stando a quanto si legge dalle carte del processo e dalla sentenza emessa dal giudice del tribunale di Firenze, non combacia con la descrizione del rapinatore. A destare i primi sospetti è la querela delle due vittime: l’identikit del balordo che gli ha puntato contro la lama parla di un ragazzo tra i 17 e i 20 anni alto un metro e ottanta. Mentre lui di anni ne ha 40 ed è alto un metro e settanta.

L’uomo, inoltre, non aveva il coltello con sé, che non è stato neanche rinvenuto nel luogo della fuga, e i suoi abiti erano diversi da quelli che aveva addosso il presunto rapinatore. Ci sono poi i testimoni. In aula le due vittime, mentre il tunisino era seduto a fianco del suo avvocato, alla domanda del pubblico ministero «vedete in aula la persona che vi ha rapinato?», entrambi hanno risposto: «No, non è lui. È la prima volta che lo vediamo». Lui stesso, durante gli interrogatori, ha sempre negato qualsiasi tentativo di rapina: «Non ho mai chiesto una sigarette e non ho mai avuto un coltello», ha più volte ripetuto. «Sono scappato perché ho visto gli agenti venirmi incontro», ha aggiunto. E dopo otto mesi e dieci giorni passati dietro le sbarre, il 40enne è tornato in libertà. È stato assolto dalle accuse di rapina, mentre per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ironia della sorte, è stato condannato proprio a otto mesi di reclusione. Chiaramente già scontati (con un credito di dieci giorni).

P.M.