MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

15 settembre, in Toscana si aprono le scuole. Ed è il giorno di Agatha Christie

Ecco le sette espressioni del linguaggio crime entrate nella vita quotidiana: da ‘aringa rossa’ a scheletro nell’armadio

Libri di Agatha Christie

Libri di Agatha Christie

Firenze, 15 settembre 2025 – Oggi in Toscana si aprono le scuole, proprio nel giorno in cui si celebra il 135esimo anniversario dalla nascita di Agatha Christie. Gli studenti hanno messo i libri nello zaino, ma questo anniversario offre l’occasione per riflettere sull’importanza dei cosiddetti libri gialli. Del resto la narrativa crime ha lasciato un’impronta profonda sul linguaggio, portando con sé espressioni che hanno oltrepassato i confini della finzione per diventare parte del lessico quotidiano. Un fenomeno che oggi si rinnova con la crescente passione per il true crime, alimentando un interesse sempre più vivo per il mistero, le indagini e i linguaggi che li circondano. Per l’anniversario dalla nascita di Agatha Christie - l’autrice senza tempo che grazie i suoi intrecci ingegnosi e alla straordinaria capacità narrativa si è guadagnata il titolo di “regina del giallo” - gli esperti linguistici di Babbel, l’app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue, hanno analizzato i termini e i modi dire nati dalla narrativa crime, ma che vengono utilizzati anche nella quotidianità. “Il genere “giallo” - che deve il suo nome italiano alla collana di libri polizieschi “I libri gialli” pubblicata nel 1929 dalla casa editrice Mondadori - è uno strumento di osservazione sociale - dichiara Esteban Touma Portilla, content lead di Babbel -. Il linguaggio delle indagini si intreccia con tematiche sociali e politiche rilevanti. Agatha Christie, in particolare, ha contribuito a definire il cosiddetto “giallo classico”, noto nei paesi anglofoni come “whodunit” (contrazione di “Who has done it?”, “Chi lo ha fatto?”), che si presenta come una sfida intellettuale per il lettore. Grazie alle deduzioni degli investigatori, siamo in grado di arrivare alle medesime conclusioni e, in questo processo, il linguaggio guida il processo logico”.  Ecco le sette espressioni del linguaggio crime entrate nella vita quotidiana. Secondo l’analisi di Babbel, molte delle espressioni entrate nell’uso quotidiano e provenienti dal mondo del giallo e dei suoi sottogeneri (dal “cozy crime” alla “spy story”, fino al giallo psicologico) possono essere ricondotte a tre grandi filoni narrativi: la fase delle indagini, quella dell’attribuzione delle colpe e dello smascheramento dei segreti nascosti, e infine il momento della punizione o della pena. La descrizione di questi eventi ha un’influenza profonda sul modo in cui vengono percepiti il sospetto, la giustizia e la costruzione dell’idea di verità:

Red herring: nell’ambito del giallo e del thriller un “red herring” (in italiano tradotto come “falsa pista”) è un indizio errato che viene inserito dall’autore per sviare il lettore o i personaggi; serve a creare suspense, a depistare e a rendere più sorprendente il colpo di scena finale. Nel linguaggio quotidiano, indica un elemento che distoglie l’attenzione da una questione più importante o rilevante. L’origine del termine è molto curiosa, poiché letteralmente “red herring” significa “aringa rossa”, ovvero un pesce affumicato dal colore rossastro e dall’odore molto intenso. Secondo una delle teorie più accreditate, in passato veniva utilizzato dai cacciatori inglesi per addestrare i cani da caccia a mantenersi sul sentiero giusto, anche in presenza di odori forti e fuorvianti; l’aringa, in questo caso, serviva come falso stimolo per rafforzare la capacità dei cani di seguire la pista corretta.

Alibi: con “alibi” ci si riferisce ad una dichiarazione rilasciata da una persona sospettata di un reato per provare che nel momento dell’evento si trovava in un luogo diverso e che quindi non può aver commesso il crimine. Il termine “alibi” deriva dal latino, in cui veniva utilizzato come avverbio con il significato di “altrove” / “da qualche altra parte” (“alius”, “altro” e “ibi”, “lì”); è solo verso la fine del XVIII secolo che la parola iniziò ad essere utilizzata come sostantivo ed ad assumere il significato più noto in ambito giuridico. L’espressione è entrata anche nel linguaggio quotidiano di molte lingue (dallo spagnolo al portoghese fino al tedesco) per esprimere qualsiasi tipo di giustificazione, anche informale.

Skeleton in the cupboard: traducibile con “avere uno scheletro nell’armadio”, questa frase idiomatica viene utilizzata in modo metaforico per descrivere un segreto sconvolgente. Sebbene molto diffusa nelle storie crime, l’espressione sembrerebbe avere origini che si intersecano con la professione medica: in Gran Bretagna, infatti, fino al XVIII secolo non era consentito esaminare i cadaveri, se non in rari casi quelli dei criminali giustiziati. Per questo motivo, i medici che riuscivano ad entrare in possesso di un corpo lo conservavano a scopo di ricerca. Tuttavia, poiché l’opinione pubblica non permetteva di custodire resti umani in vista, i dottori erano costretti a nascondere gli scheletri in luoghi appartati, spesso negli armadi. Oggi l’espressione è presente in numerose lingue, ad esempio in tedesco (“eine Leiche im Keller haben”), in francese (“avoir un cadavre dans le placard”) e in spagnolo (“tener un cadáver en el armario”).

To get away with murder: l’espressione colloquiale che si traduce con la frase “riuscire a farla franca dopo un omicidio” si teorizza che abbia radici letterarie e legali risalenti al XVII-XVIII secolo in Inghilterra, per cui “dopo aver commesso un grave crimine si riusciva comunque ad evitare la condanna”. Col tempo, l’uso figurato si è esteso al linguaggio quotidiano, perdendo il riferimento diretto al crimine e diventando sinonimo di “passarla liscia” o “sfuggire alle conseguenze di un’azione”. La frase è stata anche popolarizzata dalla serie tv di successo statunitense “How to get away with murder”.

Motive: il termine deriva dal latino “motivus”, che significa “che muove, che dà impulso” (il “movente”). È un concetto centrale e molto diffuso nelle investigazioni della narrativa gialla e crime. Nel linguaggio quotidiano, la parola viene usata spesso in senso figurato per riferirsi alla motivazione dietro qualsiasi azione o decisione.

Scapegoat: il “capro espiatorio” denota una persona o un gruppo di individui su cui vengono scaricate colpe, responsabilità o critiche, spesso ingiustamente. Il termine deriva dalla tradizione ebraica antica: nel “Giorno dell’Espiazione” (“Yom Kippur”), un capretto veniva simbolicamente caricato dei peccati del popolo e mandato nel deserto, “portando via” le colpe. In inglese moderno, “scapegoat” è entrato nel lessico come metafora di qualcuno ingiustamente accusato e, oltre al contesto criminale, è presente anche in altri ambiti quotidiani, dalla politica al giornalismo. Si tratta di una definizione adottata anche in moltissime altre lingue, dal “chivo expiatorio” in spagnolo al “bouc émissaire” in francese.

Cold blood: si usa l’espressione “a sangue freddo” per indicare un’azione che viene compiuta con lucidità, senza emozioni o rimorsi. L’origine è sia metaforica che fisiologica: quando una persona è agitata, la temperatura del corpo aumenta; al contrario, chi è capace di agire mantenendo “il sangue freddo” riesce a non farsi influenzare dalle proprie emozioni e a rimanere calmo. Se in ambito crime viene solitamente collegato ad un omicidio, compiuto in modo calcolato ed spietato, nella vita di tutti i giorni assume un valore figurato e descrive qualsiasi comportamento distaccato e privo di coinvolgimento emotivo, anche se non collegato ad un crimine.