ANDREA MUCCI
Cronaca

La vicenda sostegno: “In una scuola inclusiva la continuità educativa non è eccezione, ma regola"

Il caso dello studente di Barberino di Mugello che è stato costretto a cambiare professore a causa dell’algoritmo ripropone un tema delicato nel mondo dell’istruzione. Parla Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie

Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie

Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie

Firenze, 14 settembre 2025 – La frequente discontinuità dell’insegnante di sostegno costituisce una delle più gravi criticità del nostro attuale sistema scolastico, minando il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni con disabilità sancito come irrinunciabile dal nostro ordinamento e dal diritto internazionale. Alla luce della vicenda di Barbegino del Mugello, dove uno studente si è visto cambiare l’insegnante dall’algoritmo, ne parliamo con Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie.

Il caso di Luca, il ragazzo di Barberino di Mugello a cui è stata negata la continuità del sostegno didattico, evidenzia la criticità dell’attuale sistema scolastico su questo versante: il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni con disabilità può essere subordinato all’automatismo del sistema scolastico delle nomine e delle graduatorie e agli interessi dei docenti?

“No, non può e non deve essere subordinato agli automatismi del sistema scolastico, come le nomine annuali, le graduatorie o le esigenze organizzative dei docenti. Deve prevalere, in modo chiaro e inderogabile, il diritto alla continuità didattica, che non è un privilegio, ma un diritto fondamentale e non rinunciabile per l’alunno con disabilità. La continuità del sostegno rappresenta un elemento imprescindibile per garantire un percorso educativo inclusivo, efficace e rispettoso delle caratteristiche individuali di ogni studente. Ogni cambiamento annuale del docente spezza una relazione educativa costruita con cura e impegno, rallenta i progressi, compromette la fiducia e l’equilibrio emotivo e rende più difficile l’attuazione concreta del progetto educativo individualizzato (PEI). Il nostro ordinamento, anche sulla base della ‘Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità’, riconosce che l’inclusione scolastica non può essere formale, ma deve essere sostanziale rimuovendo gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dell’alunno alla vita scolastica. Tra questi, l’assenza di continuità didattica è tra i più dannosi, perché mina alla base la qualità dell’insegnamento e la serenità dell’esperienza scolastica. Il caso di Luca è solo uno dei tanti casi che riporta alla luce una fragilità strutturale del nostro sistema educativo. Serve una risposta chiara, non più rimandabile.”

Presidente, che cosa è necessario fare?

“È ora che si giunga all’istituzione di una cattedra specifica sul sostegno, una posizione stabile e strutturata all’interno dell’organico scolastico che garantisca la permanenza del docente di sostegno nella stessa scuola e con lo stesso alunno per tutto il ciclo scolastico. Solo così sarà possibile costruire relazioni educative solide, progettualità a lungo termine e percorsi realmente inclusivi. La disabilità non può essere gestita con soluzioni provvisorie. L’inclusione è un diritto, non un favore: il primo passo per garantirla davvero è assicurare continuità, competenza e stabilità attraverso strumenti strutturali e non più contingenti”.

Circa la stesura del DM 32/2025 che ha previsto la possibilità di richiesta di continuità didattica da parte delle famiglie siete stati interpellati come FISH?

“Sì, come FISH – Federazione Italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie - abbiamo partecipato attivamente a un confronto intenso e costruttivo con il ministro Valditara e il ministero dell’Istruzione in occasione della stesura del DM 32/2025. L’indicazione contenuta nel decreto, che prevede la possibilità per le famiglie di richiedere la continuità didattica del docente di sostegno, non è un elemento marginale né casuale, ma è frutto anche di una precisa volontà della FISH di intervenire in modo propositivo sul tema. Per noi occorre infatti superare una visione burocratica e impersonale del sostegno per riconoscere alle famiglie un ruolo attivo nel processo educativo, soprattutto quando si tratta di garantire la stabilità e la qualità del rapporto tra alunno e docente di sostegno, per rendere la scuola realmente inclusiva. La possibilità di richiedere la continuità didattica, inserita nel DM 32, è un primo passo importante per valorizzare le relazioni educative stabili e tutelare i diritti degli alunni con disabilità. È anche per questo che, quando il decreto è stato impugnato da alcune sigle sindacali, come FISH ci siamo costituiti in giudizio con un intervento a sostegno del Ministero, ritenendo che la norma non solo fosse legittima, ma necessaria per rafforzare i diritti degli studenti con disabilità”.

È chiaro a tutti oggi che il docente di sostegno non ha la funzione di ‘angelo custode della diversità’, ma che l’integrazione - spesso grazie anche a lui - si debba realizzare attraverso tutto il gruppo classe: insegnanti e compagni. È possibile tutto questo in una scuola come la nostra in cui abbiamo un’alta mobilità dei docenti, il frequente taglio di cattedre, l’alto numero di precari, sostegno spesso affidato a supplenti senza specializzazione?

“La risposta è chiara: no, non è possibile finché non si interviene con decisione su alcuni nodi strutturali del sistema. Costruire una scuola inclusiva significa partire da fondamenta solide: formazione di qualità, stabilità del personale, valorizzazione del ruolo del docente di sostegno come professionista altamente qualificato e coinvolgimento attivo di tutta la comunità scolastica. Senza questi elementi, l’inclusione rischia di rimanere un principio enunciato, ma non realizzato. È indispensabile infatti riformare radicalmente la formazione iniziale dei docenti di sostegno, superando gli attuali modelli come il TFA, dimostratisi inadeguati; istituire vere e proprie Scuole di Specializzazione per il sostegno, ad alta qualità formativa, che coniughino competenze pedagogiche, didattiche e relazionali con un serio tirocinio sul campo; garantire percorsi strutturati e continui di formazione in servizio non solo per i docenti di sostegno, ma per tutti i curriculari e per l’intero personale scolastico, affinché l’inclusione diventi responsabilità condivisa e pratica quotidiana. Inoltre, la continuità didattica deve diventare una priorità irrinunciabile. Non si può parlare seriamente di inclusione se ogni anno il docente cambia, se manca una progettualità educativa a lungo termine, se la relazione educativa – cuore del processo di apprendimento – viene continuamente interrotta”.