REDAZIONE AREZZO

L’incertezza pesa come il piombo. Benvenuto non molla: "Ora si soffre. Ma poi l’oro resiste sempre a tutto"

Il rappresentante degli orafi di Cna e presidente della Consulta analizza l’impatto dei dazi statunitensi "Il metallo è a 91 euro al grammo, con il carico fiscale attuale Usa arriva fino a 105. Stiamo perdendo clienti".

Una delle ultime edizioni di OroArezzo, la fiera che ogni primavera è il termometro dell’andamento del mercato

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"L’incertezza, nel settore orafo, pesa come il piombo". Dice la frase e fa un sorriso amaro, Mauro Benvenuto, IL dirigente di Cna e presidente di turno della Consulta orafa aretina.

Il comparto affronta un periodo critico segnato da tensioni internazionali, prezzi dell’oro alle stelle e nuovi dazi sull’export. "È un momento di sofferenza, ora bisogna solo saper resistere" spiega Benvenuto.

Presidente, qual è lo scenario attuale per il distretto orafo?

"L’instabilità globale genera meno acquisti. L’oro ne risente: calano gli ordini e aumenta la pressione su chi produce. A questo si aggiunge il problema del prezzo della materia prima, che sta raggiungendo livelli altissimi".

Quanto incide oggi il prezzo dell’oro sulla produzione?

"Tanto, perché più costa, meno persone possono permetterselo. E questo riduce drasticamente la platea dei clienti, soprattutto in mercati sensibili come quello americano.

La quotazione dell’oro si è leggermente abbassata...

"Siamo intorno ai 91 euro al grammo. Siamo stati anche a 95. Un prezzo così elevato incide su tutta la filiera, dalla fabbricazione alla vendita".

I dazi quanto possono pesare?

"Fino a poco tempo fa, le imposte di dogana Usa sulla materia prima era al 6%. Ora siamo intorno al 16%. È un incremento pesantissimo. Un grammo d’oro da 91 passa a 105 euro che con il cambio diventano 122 dollari".

Quindi il prodotto italiano risulta meno competitivo?

Esatto. Il nostro oro arriva in negozio già rincarato e con il dollaro debole, questo esclude vaste fasce della popolazione".

Come stanno reagendo le aziende orafe aretine all’altalena dei dazi?

"C’è grande preoccupazione, ma anche consapevolezza. Questo è un ciclo storico di sofferenza. In 28 anni di attività ne ho visti altri: momenti positivi e momenti più difficili. Ora è uno di quei periodi in cui bisogna saper soffrire".

Ci sono davvero mercati alternativi agli Stati Uniti da esplorare?

"Sì, ma non sono soluzioni a breve termine. I nostri principali mercati restano gli Usa e gli Emirati Arabi. Esistono opportunità in Cina e in India, ma serve tempo: anni per costruire relazioni solide e fiducia".

Cosa si può fare nel breve periodo?

"Non ci sono ricette miracolose. Il consiglio che mi sento di dare agli imprenditori è di tenere duro e di non perdere la fiducia. La nostra forza è la qualità e la tradizione: oggi dobbiamo essere pronti a resistere".

L’impatto dei dazi può cambiare le scelte strategiche delle aziende?

"In parte sì. Alcuni penseranno a delocalizzare, altri a diversificare i prodotti. Ma il vero nodo è politico: serve una diplomazia commerciale attenta, che difenda il nostro Made in Italy da logiche protezionistiche che penalizzano le nostre eccellenze".

Federico D’Ascoli