
Il patron di Prada Patrizio Bertelli ha acquistato l’ex area Lebole per 8 milioni
AREZZO"Un gesto che va oltre l’operazione economica e diventa fatto culturale". Così Roberto Severi, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, commenta il recente acquisto dell’area ex Lebole da parte dell’imprenditore Patrizio Bertelli. La lettera aperta del consigliere comunale segue l’iniziativa delle Leboline. Che all’imprenditore aretino hanno chiesto di lasciare un segno, nelle forme e nei modi che deciderà, che racconti la storia della grande fabbrica e delle sue operaie: cinquemila persone, in gran parte donne, che hanno contribuito con coraggio e determinazione allo sviluppo della città negli anni della transizione verso l’industrializzazione. Ivana Peluzzi, Gabriella nSalvietti, Adriana Sensi (scomparsa da poco) - solo per citare alcuni nomi - sono state tra le protagoniste di una lunga battaglia per l’emancipazione femminile, le conquiste dei lavoratori, ma anche del fiorire di una rete di servizi strategici per la città, dal pontenziamento del trasporto pubblico alla creazione di un sistema, nel tempo collaudatissimo, di scuole dell’infanzia. Bertelli ha subito risposto alla lettera delle Leboline, valorizzando il loro impegno, assicurando che nell’immensa area appena acquisita, ci sarà una traccia evidente della storia della Lebole e delle "sue donne". L’imprenditore sta pensando al progetto che darà nuova forma e vita ai 170 mila metri quadrati di superficie, ma tra le ipotesi, non è escluso la realizzazione di un grande parco pubblico destinato agli aretini. Potrebbe sorgere proprio lì, il "segno" tangibile della memoria che le Leboline hanno chiesto al manager.
Intanto nella lettera aperta a Bertelli, anche Severi propone di farne uno spazio capace di coniugare memoria e futuro. "Quando ho saputo del suo (Bertelli) intervento, per rilevare l’area della vecchia Lebole, ho provato un sincero senso di sollievo. Non solo per la qualità del suo gesto imprenditoriale, ma perché per molti di noi quel luogo rappresenta qualcosa di più: è un pezzo vivo della storia di Arezzo. Negli anni Sessanta, migliaia di donne – le celebri "Leboline" – varcavano ogni giorno i cancelli di quello stabilimento. Con le loro mani e il loro lavoro silenzioso hanno costruito benessere, crescita, speranze per il futuro. Per tante famiglie, la Lebole ha significato la possibilità di far studiare i figli, di immaginare una vita migliore. È per questo che oggi, da architetto e da consigliere comunale, mi permetto di condividere un auspicio". Che Severi articola così: "Il progetto per quell’area non si fermi alla valorizzazione immobiliare, ma diventi qualcosa di più ambizioso: un luogo che tenga viva la memoria. Immagino uno spazio dove si incontrano impresa e formazione, dove i giovani possano trovare stimoli e strumenti, ma anche comprendere da dove veniamo".