
Nando Melillo è da anni impegnato in un’attività di sostegno sociale che si svolge nella sede di Pietrasanta e che si avvale anche della consulenza di una psicologa. Problematiche che toccano ogni fascia di età.
VIAREGGIO
Hanno lo sguardo fisso sulla slot machine, termine che in italiano vuol dire "macchinetta mangiasoldi" e che svela la natura: è una trappola per la dipendenza dal gioco d’azzardo. Hanno gli occhi attoniti quando fanno click e sono convinti che in quel gesto ci sia la soluzione di tutti i loro problemi. Per chi gioca d’azzardo il semplice gesto di pigiare quel tasto che sembra innocuo, diventa una trappola. Il giocatore è convinto che da quella fessura esca la somma che può cambiare la sua vita e ripete quel gesto anche quando perde, sperando che prima o poi si realizzi la giocata che gli cambia la vita. E’ questo l’identikit del giocatore d’azzardo. In Toscana negli ultimi cinque anni, nonostante siano diminuiti sul territorio i punti fisici del gioco anche in conseguenza delle norme adottate, sono oltre un milione e centomila le persone che giocano almeno una volta l’anno: il 36,7% ha una età tra i 18 e gli 84 anni. Il fenomeno è più diffuso tra gli uomini sono il 42% mentre le donne rappresentano il 31%. Si gioca con i Gratta&Vinci che sono al primo posto, ma si gioca anche al Superenalotto e al Lotto e alle scommesse sportive. Tra queste persone oltre 110mila presentano segni di fragilità per un disturbo da gioco d’azzardo e più di 45mila hanno già un comportamento di gioco "problematico" con caratterirische tali da necessitare aiuto.
Dal 2019 è aumentato il numero dei toscani che si sono rivolti ai serd: i servizi per le dipendenze, del sistema sanitario nazionale italiano che si occupano della prevenzione, cura e riabilitazione di persone che sono vittime del gioco d’azzado.
In questo scenario La Nazione ha fatto il punto della situazione per la Versilia Nord con Nando Mellillo, responsabile del progetto Comunità Aperta, il centro diurno che da anni è a Pietrasanta, in via Stagio Stagi.
Chi sono i giocatori d’ azzardo?
"Sono persone sul lastrico, persone che hanno perso tutto, persone che hanno estinto le loro risorse economiche, che non possono più chiedere aiuto alle famiglie e agli amici. Persone che hanno creduto che fare un click su un tasto, che grattare un Gratta&Vinci siano la soluzione ai loro problemi: persone che credono di essere felici nel momento in cui si trovano davanti alla slot machine o quando scommmettono: in quegli attimi il cervello emette delle endorfine che creano la felicità. Ma è semplicemente l’inizio della fine. Quell’attimo di felicità diventa una trappola, noi quel vortice lo chiamiamo "porta girevole". Al nostro centro diurno si rivolgono persone del nord Versilia".
La fascia d’età del giocatore?
"Non esiste una fascia di età precisa, ci sono giovani ma arrivano anche persone over sessanta. Spesso sono le famiglie che costringono il giocatore a chiedere aiuto. Nel corso degli anni abbiamo notato che, in alcuni casi, chi gioca d’azzardo in passato ha fatto anche abuso di sostanze stupefacenti. Del resto il meccanismo delle endorfine cerebrali è praticamente identico: quando fai uso di droga, qualsiasi essa sia, il cervello in quei momenti produce endorfine".
Per uscire affrontano un percorso?
"Sì. Affrontano un cammino difficile e impegnativo che noi chiamiamo "accidentato", perché ci possono essere delle ricadute. Noi ci avvaliamo di una brava psicologa, Francesca Alberti".
Il ruolo delle famiglie?
"E’ fondamentale: hanno un ruolo importante nel percorso di recupero. Abbiamo notato anche un altro aspetto interessante sul quale lavorare: in alcuni casi il gioco d’azzardo è genetico, significa che nelle famiglie c’è stato un componente che ha avuto un problema analogo. Nelle famiglie possonno esserci i motivi di questi comportamenti"
Si può uscire dalla dipendenza?
"Sì, ma sono poche le persone che ne escono definitivamente. E spesso quando escono diventano volontari di associazioni perché donano la loro esperienza agli altri".
Nonostante il periodo economico sia contraddistinto da crisi, questo fenomeno non sembra fermarsi.
"No. Spesso è proprio la crisi a spingere le persone a giocare e a credere in questo modo di risolvere il problema. Insomma, per assurdo, chi ha meno soldi , spesso, è quello che scommette di più".
Maria Nudi