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Berlino 1936 e un podio sfiorato

Il 4 agosto 1936, la Storia universale fece tappa allo stadio Olimpico di Berlino. Lo fece chiamando fra i protagonisti...

Gli atleti Jesse Ovens e Arturo Maffei

Gli atleti Jesse Ovens e Arturo Maffei

Il 4 agosto 1936, la Storia universale fece tappa allo stadio Olimpico di Berlino. Lo fece chiamando fra i protagonisti della gara, forse la più iconica dei giochi a cinque cerchi, anche un giovane viareggino, Arturo Maffei, grande specialista del salto in lungo, con alle spalle medaglie e allori soprattutto in Europa. Iconica, perché, potrebbe chiedere il distratto? Semplicemente perché la sfida del salto in lungo – seguita direttamente sugli spalti da Adolf Hitler e dal codazzo di gerarchi (che dieci anni dopo avere distrutto il mondo avrebbero fatto i conti con il processo di Norimberga) – era quella che metteva di fronte il nero dell’Alabama, Jesse Owens e il tedesco-ariano (che peraltro non aveva simpatie naziste) Lutz Long. Come terzo incomodo, non solo Arturo Maffei da Viareggio ma anche il giapponese Naoto Tajima. Chi ha avuto il piacere di parlare con Arturo Maffei negli anni in cui abitava in via San Francesco, sa benissimo che non fu una semplice gara sportiva, ma il duello fra due modi di intendere il mondo, perché se gli atleti gareggiavano cavallerescamente, non era così per Hitler e la sua congrega di tagliagole. La razza ariana doveva dimostrare la supremazia. Ma Jesse Owens era un fuoriclasse e si fece beffa di Hitler e compagnia cantante vincendo la medaglia d’oro: Long finì al secondo posto, uno smacco che sette anni gli sarebbe costato la chiamata al fronte, spedito in Sicilia per contenere lo sbarco degli americani, dove avrebbe perso la vita. Arturo Maffei finì al quarto posto, un centimetro meno (7,73 nuovo primato italiano che avrebbe resistito fino al 1968) del giapponese Tajima. Rimase l’amarezza della medaglia di legno, quel quarto posto che ha accompagnato Maffei lungo tutta la sua vita. Ma di quell’avventura olimpica, il campione viareggino ha conservato un diario arricchito di autografi di centinaia di protagonisti, oltre a tante foto e aneddoti, che l’hanno visto a contatto con i ‘grandi’ della terra, non solo in campo sportivo. I suoi ricordi dell’Olimpiade di Berlino hanno arricchito gli articoli di decine di colleghi di tutto il mondo. “Un’esperienza indimenticabile – raccontava – alla quale è mancata una medaglia”. Per un centimetro. Ma lo sport è così. Prendere o lasciare.