GAIA PARRINI
Cronaca

la realizzazione delle quinte utilizzate al gran teatro

Fabrizio e Valentina hanno realizzato parte dell’allestimento dell’opera del Maestro diretta da Signorini

Fabrizio e Valentina hanno realizzato parte dell’allestimento dell’opera del Maestro diretta da Signorini

Fabrizio e Valentina hanno realizzato parte dell’allestimento dell’opera del Maestro diretta da Signorini

Un rapporto ultra trentennale, nato, da ragazzino, dall’ascolto curioso di radio e racconti, e poi coltivato dai primi ritocchi, fino a divenire una collaborazione lavorativa stabile e reciproca. È quella instauratasi tra il Festival Pucciniano e Fabrizio Galli che, dopo cinque anni, con la figlia Valentina, è tornato a realizzare le scenografie delle opere del Maestro, come la “Tosca“ diretta da Alfonso Signorini di quest’ultima edizione.

Fabrizio, com’è nato il suo rapporto con il Festival? "Il primo lavoro, con una tenda e un uomo a grandezza naturali, è stato per “La fanciulla del West“, quando il presidente della Fondazione Carnevale dell’epoca, Ivano Nocetti, fece un accordo con il Festival Pucciniano. Poi ci sono stati i leoni cinesi per la “Turandot“, il grande letto con candelabro per “Gianni Schicci“ fino alla prima vera costruzione totale di tutta un’opera, in cui erano coinvolti anche altri colleghi, che fu la Turandot con scenografo Roberto Laganà Manoli, per cui l’amministrazione comunale dell’epoca volle fortemente i carristi per la costruzione delle scene".

E poi quest’ultimo lavoro sulla “Tosca“ con le scene di Juan Guillermo Nova. "Quando abbiamo visto il progetto, ci è subito piaciuto e l’abbiamo abbracciato con entusiasmo. Con Valentina, che si è occupata della modellatura, della scultura e della pittura, e io della carpenteria, del movimento e delle strutture di ferro, e con la collaborazione di Edoardo Ceragioli e Giampiero Ghiselli per le strutture in legno, abbiamo realizzato, per esempio, le colonne sul proscenio, l’altare, gli angeli, la Madonna con il bambino, i busti romani e tutte le basi dei candelabri".

Come cambia il lavoro dalla costruzione del carro a quello di una scenografia? "Sono due cose differenti, avere la capacità scultorea e di costruzione, e saper lavorare legno e ferro. È simile alla costruzione del carro, ma il teatro ha esigenze diverse e tutto ciò che viene costruito deve essere smontabile, per i cambi di scena e gli atti. Il palco di Torre del Lago, per esempio, è grande e ha quindi bisogno di costruzioni gigantesche con metri quadri da realizzare che sono sempre molti. Al di là di questo, e anche della mia passione personale per l’opera, che mi ha trasmesso mio padre Renato, credo sia una cosa naturale per i carristi fare carriera anche per le scenografie".

Suo padre la portava a teatro? "A suo tempo le opere venivano rappresentata anche in passeggiata, dunque ascoltavo i racconti, non solo di mio padre, ma di Nilo Lenci, Davino Barsella, e di carristi che avevano la radio e le ascoltavano. E ricordo le scenografie fatte prima di noi, da Avanzini e Vannucci, Lebigre e così via, e il periodo in cui agli hangar vecchi furono costruite le scene, quando ero ragazzo. Ricordo che doveva essere riproposto l’Hotel Royal in cartapesta e mio padre disse a Silvano Avanzini e a Vannucci che sapevo fare la cartapesta, e così feci i capitellini della struttura. Già da lì è partito un mio coinvolgimento, poi quando mi sono avvicinato alle costruzioni, l’ho fatto con puntiglio, con il consorzio dei carristi, gli accordi con la Fondazione Pucciniano, l’affitto di un hangar e macchinari, poi venduti, come il consorzio chiuso".

È un modo, quello di costruire scenografia, che offre un nuovo punto di vista sul lavoro del carrista? "Sicuramente per farlo è necessario apprendere una pratica costruttiva. Proprio per questo in passato con il consorzio abbiamo lavorato con macchinisti costruttori che ci insegnassero la tecnica, perché è necessario sperimentare, per migliorarsi professionalmente e crearsi un bagaglio artistico da mettere in campo. A questo riguardo eravamo arrivati, in passato, alla possibilità poi andata in fumo, di avere un laboratorio all’interno del Festival Puccini gestito dai carristi, che credo sarebbe ancora da fare, per offrire continuità nel lavoro e anche un laboratorio dedicato a costruzioni di vario tipo, come per esempio l’arredo urbano, con artisti e persone che tengono alto il prestigio della città".

Gaia Parrini