SOFIA COLETTI
Cronaca

’Segni di speranza’ a Spoleto. Le opere salvate dal sisma

Grande mostra tra Museo Diocesano, Sant’Eufemia e Rocca Albornoz

Grande mostra tra Museo Diocesano, Sant’Eufemia e Rocca Albornoz

Grande mostra tra Museo Diocesano, Sant’Eufemia e Rocca Albornoz

E’ un percorso emozionante tra arte, fede e memoria che, attraverso oltre cinquanta opere d’arte, racconta la forza e la rinascita delle comunità colpite dal terremoto del 2016. Ecco la mostra “Segni di Speranza dai luoghi del Sisma” promossa dall’Archidiocesi di Spoleto-Norcia e dalla Direzione regionale Musei nazionali Umbria con l’obiettivo di riscoprire il patrimonio artistico della Valnerina e riflettere sul significato profondo della ricostruzione, non solo materiale ma anche culturale e spirituale.

La mostra si snoda nella Basilica di Sant’Eufemia, nel Salone Barberini del Museo Diocesano e nel Salone d’Onore della Rocca Albornoz dove fino al 21 settembre si possono ammirare inquanta opere sottratte al terremoto e restituite alla loro originaria bellezza grazie alla perizia degli esperti e alla generosità dei mecenati. Emblematica dell’alto valore artistico e dello spirito devozionale rappresentato dai capolavori esposti in mostra è la Madonna adorante di Castelluccio, uno dei primi pezzi raccolti dai tecnici della Soprintendenza dell’Umbria tra le macerie e messi in salvo, non senza le proteste degli abitanti che non volevano perdere anche un’ultima rassicurante presenza, TRa i piezzi pià preziosi in mostra ci sono anche il “San Marco” dall’omonimo castello, la “Madonna col Bambino in gloria tra gli angeli e i santi” di Vincenzo Manenti, la “Vergine Annunciata” dal Museo della Castellina di Norcia, e “San Vincenzo Ferrer tra gli infermi” di Giuseppe Paladini, dalla concattedrale di Santa Maria Argentea.

"Nelle tre tre sedi della mostra – dice il direttore dei museo Costantino D’Orazio – sono presentate opere selezionate perché possa essere valorizzato il lavoro di recupero e restauro a cui sono state sottoposte e, ancor di più, far comprendere al visitatore le ragioni profonde per le quali furono volute e create dalle comunità della Valnerina".