Gli Etruschi, popolo contemporaneo Una civiltà innamorata della vita

Sensibili alle arti, ingegnosi nelle tecnologie e nella manualità, sapevano vivere in armonia con la Natura. Amavano organizzare giochi e tornei. E per le donne, parte attiva della vita sociale, creavano pregiati monili

FIRENZE

Alla scoperta degli Etruschi seguendo le vie dell’acqua, del vino, dell’olio, del grano e ancora i monti sacri e il mare. Sviluppatosi a cavallo tra IX e II secolo a. C. nell’Italia Centrale, con epicentro la Toscana e il Lazio. Anche per gli Etruschi la stagione estiva era tempo di eventi e appuntamenti. E ancora oggi è possibile ripercorrere la loro storia seguendo queste tracce. Per chi viveva o si trasferiva per l’estate sulla costa, Populonia (Livorno) offriva continuamente eventi e spettacoli sportivi. Le corse con i cavalli e le gare di pugilato erano gli sport più amati: agli etruschi piaceva partecipare più da spettatori che essere coinvolti in prima persona.

Famosi per le piante officinali, erano anche esperti odontoiatri ed esperti chirurghi. Consideravano il fegato degli animali l’elemento chiave, la fonte di tutto: tanto che a Volterra si trova un modello in alabastro di fegato con una vera e propria mappatura: gli aruspici vi leggevamo il futuro. Conoscenze che possono essere approfondite in numerosi musei, a partire da quello Civico Archeologico di Sarteano (Siena) e dalla Tomba della Quadriga Infernale che si trova appunto a Sarteano nella necropoli delle Pianacce ed è una delle più significative testimonianze della pittura parietale etrusca del IV secolo a.C. Testimonianza della passione per la corsa con le bighe che gli Etruschi avevano perfezionato con le Trighe, come si vede nella stele del Palazzo di Murlo (Siena) o sul Vaso François al Museo Archeologico di Firenze. Anche Murlo, d’estate, era luogo di spettacoli e gare. Tutto era finalizzato alla spettacolarità: danza, atletica, tiri col giavellotto, lotta e pugilato. E le gare, a differenza dei Greci, erano accompagnate dalla musica degli auleti con i loro flauti a doppia canna, come si può vedere al Museo Archeologico e alla Tomba della Scimmia a Chiusi.

Erano inoltre un popolo, diremmo oggi, che curava molto la tavola: un itinerario tra ritrovamenti, tradizioni e curiosità nella cultura agroalimentare non può prescindere dai pezzi unici conservati nei vari musei, tra cui il Maec di Cortona, il Museo Civico Archeologico di Castiglion Fiorentino, la collezione "Giancarlo Pallavicini" di Trequanda, il Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, e il Museo Civico Archeologico di Sarteano.

Spicca, nella civiltà etrusca, la centralità della donna, che godeva di una indipendenza e di una libertà sconosciute a tutti gli altri popoli . A diiferenza delle romane, ad esempio, le donne etrusche erano parte attiva della vita sociale. Di gusti molto raffinati, per il guardaroba estivo sceglievano abiti di lino finissimo decorati con ricami preziosi e lamine d’oro. Per l’inverno indossavano tessuti di lana dipinti con colori vivaci e sempre impreziositi da ricami. Unguenti, profumi e matite per gli occhi erano le sue armi di seduzione, oltre a pregiati gioielli, piccoli capolavori realizzati con rara maestria dagli orafi del tempo.

Si può anche dire che quello degli etruschi fosse un popolo attento "all’impatto ambientale". Le vie di comunicazione, ritmate da steli poste ogni sei miglia circa, non modificavano la natura ma in larga parte l’assecondavano. Benché gli etruschi fossero grandi urbanisti (sono stati i primi a costruire città murate e organizzate secondo un preciso piano regolatore, con strade, marciapiedi, impianti fognari e acquedotti) gli edifici privati e pubblici di solido avevano solo le fondamenta. Pareti e tetti erano fatti di legno e mattoni di paglia e argilla cotte. A Pitigliano (Gr) nel Museo Archeologico all’aperto "Alberto Manzi" è possibile visitare la ricostruzione di un’abitazione etrusca e le necropoli rupestri di età arcaica ed ellenistica.

Decisi assertori di una vita oltre la morte infatti, gli Etruschi costruivano per i defunti vere e proprie città: è proprio grazie alle necropoli (ad esempio quelle di Populonia e Roselle) che è stato possibile risalire alla struttura degli edifici. Ce n’erano di vario tipo, dalle ipogee, completamente sotterranee, a quelle a tumulo, parzialmente interrate e riconoscibili perché inserite in una collinetta artificiale.