
Preparata con cura durante tutto l’inverno, alimenta l’identità. Ed è occasione di aggregazione e di costruzione di solidi legami.
Il Palio è sudore, certo. È prestanza fisica, resistenza alla fatica e al logoramento di lunghe sedute di allenamento. È la voglia di affrontare l’avversario e di batterlo a colpi di vogata. Il Palio è questo, ovviamente. Ma è anche molto altro. Folclore, spirito di appartenenza, colore. E nel corso della lunga maratona che segna le giornate del Palio del Golfo l’evento che più di ogni altro celebra il valore culturale della disfida remiera è senza dubbio la sfilata in costume del venerdì sera. Tre ore di puro spettacolo, durante il quale le tredici borgate si danno appuntamento in strada, nel cuore del cuore della città, la centralissima piazza Brin, per affrontare a passo d’uomo, interminabili cordoni di pubblico assiepato lungo un percorso che collega, passando per corso Cavour e via Chiodo, l’Umbertino a piazza Europa. Scenografica. Rumorosa. Pittoresca. Tradizionalmente lenta.
Tre ore di carri addobbati, balli sfrenati, accostamenti arditi, strizzatine d’occhio all’attualità, in uno spirito che se non è carnascialesco, poco ci manca, essendo quanto di più simile alla satira la spezzinità riesca a concepire. Eppure la sfilata del Palio del Golfo va ben oltre quelle tre ore di messa in scena. Inizia molto prima, mesi prima. E racconta un’altra storia, che è fatta, ancora una volta, di dedizione, cura dei dettagli, senso di comunità, una storia popolata anche e soprattutto di figure femminili. Ogni borgata confeziona, con religiosa discrezione e dandosi la consegna del più assoluto riserbo quanto al tema prescelto, costumi e coreografie. Un lavoro certosino, che richiede mesi e mesi di preparazione: l’individuazione di una sede o di un magazzino nel quale poter stoccare materiali e macchine da cucire, appuntamenti serali, modelli da sagomare e poi colorare, ago, filo e cartapesta a volontà. Una vera festa della creatività e del vivere comune: già, perché i preparativi della sfilata richiedono, giocoforza, disponibilità al sacrificio, anche in termini di tempo da dedicare alla causa, e tanta voglia di condividere chiacchiere, aneddoti e segreti. Per questo il lungo e faticoso percorso che porta alla messinscena finale è vissuto anche come un’occasione per cementare legami: amicizie, amori e saldi rapporti di vicinato. Storicamente, la sfilata del Palio è anche un’opportunità con la quale la città, e nel dettaglio i suoi quartieri, si ritagliano spazi di libero pensiero: slogan e costumi si prestano infatti a raccontare spaccati di quotidianità e a veicolare messaggi di denuncia sociale. Gli esempi si sprecano: e così nella memoria degli spezzini è impresso a fuoco il ricordo della mobilitazione con la quale nel 1989 la borgata di Fossamastra portò in strada il malessere di questa porzione del levante cittadino, costretta a fare i conti, suo malgrado, con i fumi della centrale Enel e i rumori del porto. Una tradizione, quella della protesta che corre sui carri di cartapesta, ripresa nel 2012 ancvhe dal Marola che scelse di dare corpo al sogno nel cassetto dei Murati Vivi: una spiaggia affollata di bagnanti e finalmente liberata dalla presenza ingombrante della Marina militare.