Lo spirito non è mai venuto meno, neppure dopo la guerra. Nonostante una passeggiata Morin distrutta dai bombardamenti e resa impraticabile, Angelo Majoli, cuore pulsante e figura chiave nello sviluppo del Palio, non si arrese e decise di spostare la manifestazione in via del tutto eccezionale a San Terenzo. Il nome Palio arriva nel 1925 in riferimento al drappo che veniva consegnato ai vincitori nelle gare medievali e debuttò come appendice della Festa del Mare insieme ad altre prove marinare. Una gara che nasce dal basso, dinque, popolare nell’accezione più autentica e genuina. In una città che era una torre di babele: tra mille linguaggi e dialetti differenti il mare, l’elemento che garantiva a tutti il lavoro quotidiano, divenne un motivo di svago e divertimento. Una sfida con la quale misurarsi utilizzando le barche dei pescatori, che hanno poi lasciato spazio alle imbarcazioni specifiche per la regata, disegnate da veri maestri d’ascia. Dal 1964 venne introdotta la categoria juniores e dalla metà degli anni Novanta quella femminile.
A proposito della gara femminile Bonvicini ha un aneddoto tipicamente spezzino. "Siamo naturalmente e tradizionalmente brontoloni – spiega Bonvicini – e il pessimismo ci caratterizza. Per cui quando si presentarono al via le prime imbarcazioni femmili immediatamente vennero accompagnate dai commenti. Secondo alcuni le piaghe provocate dal remo alle mani avrebbero scoraggiato immediatamente le partecipanti sentenziando una vita brevissima per la rassegna". E invece non è andata proprio così. Il movimento femminile è cresciuto e continua a essere parte integrante della grande manifestazione. "Al primo anno si sono presentate sei imbarcazioni e sono sempre aumentate, sconfiggendo lo scetticismo che è tipico dello spezzino medio. Chissà quante volte avranno detto che il Palio si sarebbe interrotto? Invece è arrivato a cento edizioni e si prolungherà per altre cento e oltre ancora".
Ma c’è una gara nella gara. Quella che non coinvolge soltanto i protagonisti in acqua ma tutte le borgate al seguito. Il venerdì che precede la gara tutte le borgate infatti prendono parte alla una sfilata in costume organizzata nel centro della città, caratterizzata da coreografie legate al tema del mare e della tradizione marinara. Un momento che si unisce poi alla premiazione all’indomani della gara. E proprio in questa partecipazione collettiva c’è uno dei grandi segreti del Palio del Golfo.
"Il riferimento alla tradizione popolare – conclude Riccardo Bonvicini – è proprio questo. Per settimane e mesi ci sono uomini, donne, bambini che si ritrovano per pensare a quale coreografia mettere in scena. Per cucire i vestiti e trovare i modelli giusti. Questo si chiama socializzare, conoscere persone nuove, ritrovare vecchi amici e soprattutto tenere in vita il senso di comunità. In acqua vanno gli equipaggi ma alle loro spalle spinge un intero paese che li sostiene e allo stesso tempo gareggia. Non vincono soltanto gli atleti ma anche la borgata ha la possibilità di ottenere il riconoscimento per la miglior sfilata. La gara è la punta dell’iceberg ma il Palio è una infrastruttura sociale, l’identità di paese e il senso di vicinanza e partecipazione che si tramanda dai nonni ai nipoti".