"Una rivoluzione culturale. Questa la strada maestra"

Formazione nelle scuole, leggi più severe non bastano. Parla Renata Pepicelli delegata attività in Gender Studies and Equal Opportunities dell’Ateneo pisano.

di Enrico Mattia Del Punta

PISA

Il tema della violenza di genere e del femminicidio è complesso e multifattoriale. In questi giorni si è parlato molto di misure a contrasto della violenza sulle donne, tra queste il ruolo centrale della formazione, per l’inserimento di una educazione emotiva e sessuale nelle scuole. Formare i ragazzi, come si fa e cosa è stato fatto finora. Ce ne parla la delegata per le attività in Gender Studies and Equal Opportunities dell’Università di Pisa, Renata Pepicelli.

Formazione per i ragazzi, pensa sia sufficiente?

"La scuola ha un ruolo centrale, ma da sola non basta. Vanno cambiati i modelli culturali che producono violenza e lo si fa mettendo in moto una rivoluzione culturale, che vada a toccare ogni ambito della nostra vita. Dalla tv al cinema, dalle università ai giornali. Non serve pensare solo ad un apparato legislativo diverso. L’obiettivo deve essere sradicare la cultura della violenza di genere e la sopraffazione maschile sulle donne, promuovere la cultura del rispetto e dell’eguaglianza".

Come si cambia?

"Cambiando i modelli culturali. Il ruolo della donna non è riconosciuto nella società, la lotta alla violenza di genere passa anche da queste battaglie: per le pari opportunità, per la riduzione del gender gap negli stipendi, e per la presenza di figure femminili nelle posizioni apicali. Se non si affrontano questi temi, la rivoluzione culturale sarà sempre monca".

Tornando alla scuola, di cosa c’è bisogno?

"Che il contributo delle donne al sapere sia riconosciuto nei programmi scolastici, non possono essere solo un’appendice. Serve una riforma dei programmi di studio, e servono corsi sulla sessualità e l’affettività".

L’università cosa può fare?

"Può fare tanto, all’università di Pisa abbiamo da oltre un anno e mezzo uno sportello contro la violenza di genere ([email protected], 050 2215104) che gestiamo insieme alla scuola Normale e alla scuola Sant’Anna in collaborazione con la Casa della donna. Penso poi al CUG (Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni), ma anche al gruppo di lavoro che abbiamo appena istituito composto da docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, volto ad indagare il fenomeno delle violenze in ateneo. Poi c’è la parte formativa, con i corsi di studi di genere".

Quanto il tema della parità di genere è legato alla violenza sulle donne?

"La lotta contro la violenza di genere passa da un’azione di riconoscimento del ruolo delle donne, senza di questa si continua a produrre un senso di inferiorità della donna e si rende più giustificabile la violenza".

Sono 106 i femminicidi nel 2023, la battaglia è persa?

"Viviamo un momento terribile, dopo la scoperta del corpo di Giulia Cecchetin ci siamo sentite perse ed impotenti, malgrado le tante azioni che abbiamo introdotto. La battaglia però è ancora aperta, e va spostata su vari fronti, tra cui quella del coinvolgimento degli uomini e una loro assunzione di responsabilità. La mia sensazione è che, malgrado la diffusione della violenza di genere, stia crescendo il numero dei maschi alleati delle donne, lo vedo nelle aule scolastiche e in quelle universitarie".