Legare il gioco, aggredire gli spazi, fisicità e intelligenza

Schemi / Non più solo finalizzatore, ma perno del reparto offensivo

Moise Kean, 25 anni, alla sua prima stagione con la Fiorentina

Moise Kean, 25 anni, alla sua prima stagione con la Fiorentina

A confermare le qualità di Moise Kean ci ha pensato Nikola Milenkovic, ex viola (sette anni a Firenze dal 2017 al 2024) e oggi al Nottingham Forest. Il serbo ha avuto modo di affrontare Kean lo scorso 5 agosto in occasione dell’amichevole precampionato dei viola: «Moise è fortissimo. Ha fisico, senso del gol, posizione. Marcarlo è stato difficile», le parole al miele dell’ex capitano della Fiorentina. Adesso toccherà a Stefano Pioli continuare il percorso che Kean ha iniziato con l’ex tecnico viola Raffaele Palladino. L’attaccante infatti potrebbe vivere una nuova metamorfosi tattica e mentale. L’ex tecnico del Milan ha dimostrato in passato di saper esaltare attaccanti con caratteristiche simili a quelle del classe 2000. Pioli ama un calcio verticale, dinamico, fatto di rotazioni offensive e movimenti coordinati. Il suo 4-2-3-1 classico, che può diventare un 4-3-3 in fase di possesso, è un sistema pensato per mettere in ritmo l’attaccante centrale, che deve saper legare il gioco ma anche aggredire gli spazi. Ruolo perfetto per Kean, che a Firenze ha già mostrato di saper fare molto più del semplice finalizzatore. Con il nuovo allenatore, Moise potrebbe diventare il perno di un attacco mobile, supportato da esterni rapidi e un trequartista in grado di dialogare nello stretto. La sua fisicità permetterebbe di creare superiorità nei duelli individuali, mentre la ritrovata fiducia lo rende un riferimento anche nei momenti difficili della partita. In fase di non possesso, Pioli chiede aggressività e pressing alto: un altro contesto ideale per Kean, abituato a rincorrere il pallone già nella metà campo avversaria. Lavorare con un tecnico molto attento alla fase difensiva come il parmense potrebbe completarne la maturazione, rendendolo un attaccante più completo e disciplinato tatticamente. E poi c’è l’aspetto umano. Pioli è noto per la sua gestione empatica del gruppo: uno che sa toccare le corde giuste. E con Kean, ragazzo sensibile e spesso mal interpretato, questo può fare la differenza.