GABRIELE MANFRIN
Agrofutura

I vitigni che rischiavano di scomparire: nuova vita grazie ai piccoli produttori

Alla rassegna Agrofutura organizzata da Qn-La Nazione, la Federazione delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana ha portato cinque vini figli di vitigni che un tempo nessuno voleva

I vitigni che rischiavano di scomparire: nuova vita grazie ai piccoli produttori

Firenze, 12 giugno 2025 – C’è un’Italia del vino che non corre dietro le mode, ma si arrampica tra vitigni spigolosi, uve difficili da lavorare e fermentazioni dal carattere complicato. È un’Italia che rischiava di sparire – o forse di non farsi mai conoscere davvero – e che oggi riemerge grazie al lavoro paziente di piccoli produttori, tecnici curiosi e una rete territoriale che tiene insieme saperi, persone e bottiglie rare. Cinque vini da vitigni dimenticati

Alla rassegna Agrofutura organizzata da La Nazione, la Federazione delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana ha portato cinque vini figli di vitigni che un tempo nessuno voleva. Non perché mancasse la qualità, ma per la difficoltà della coltivazione o per certi difetti durante la trasformazione.

«Molte di queste uve rischiavano la scomparsa perché non rendevano abbastanza», spiega Michelangelo Maria Tesconi, uno dei volti della Federazione. «Un tempo contava la quantità: se l’uva si spaccava prima della raccolta, come nel caso del Vermentino nero, non interessava a nessuno. Ma oggi, per fortuna, abbiamo cambiato sguardo». La tecnica che cambia tutto

Il cambiamento non è solo culturale, ma tecnico. La Massaretta, ad esempio, un tempo sprigionava aromi sgradevoli durante la fermentazione. Oggi, semplicemente, si è imparato a vinificarla: il risultato è un vino profumato, elegante, diverso. E in questo “diverso” c’è la chiave di tutto. Una mappa di vitigni unici

I vitigni recuperati – come l’Orpicchio del Valdarno, la Durella, la Barsaglina del Montalbano, la Fogliatonda e una rarissima Gralima – sono fuori da ogni standard. «Non li troverete sugli scaffali del supermercato – dice Tesconi – ma in enoteca o nelle carte dei ristoranti attenti. Sono vini che raccontano il territorio in maniera radicale». Una rete che fa sistema

La Federazione che li promuove è una realtà fluida ma solida. Mette in rete le “strade”, cioè le associazioni locali che uniscono produttori di vino, olio, salumi, formaggi, ma anche ristoratori, albergatori, botteghe. Una costellazione di competenze, spesso di nicchia, che trasformano l’enogastronomia in esperienza: «Ogni socio conosce il proprio pezzo di territorio con una precisione maniacale – racconta Tesconi – ed è capace di trasmettere quel sapere con passione, facendolo vivere ai visitatori». Dall’idea al progetto

Il lavoro della Federazione non si limita al racconto. Quando si apre uno spiraglio – un bando, un progetto europeo, una sinergia con l’università – l’associazione si fa capofila, connette le energie, crea le condizioni perché una buona idea possa diventare realtà. Anche in questo modo certi vitigni sono tornati a vivere. Non per nostalgia, ma perché oggi, con gli strumenti giusti, sono una risorsa concreta. Unicità da bere «La qualità dell’agricoltura moderna – osserva Tesconi – ha aperto spazi che prima non c’erano. I vitigni che non garantivano grandi rese hanno cominciato a incuriosire chi cerca l’unicità». Unicità, appunto. È forse la parola che meglio riassume il senso di questa riscoperta. Perché dietro ogni sorso di quei sei vini presentati ad Agrofutura non c’è solo il frutto della terra, ma la testardaggine di chi ha deciso di non arrendersi all’omologazione. Una biodiversità in bottiglia che racconta – goccia dopo goccia – la Toscana meno ovvia, quella che non si fa trovare per caso.