Firenze, 12 giugno 2025 – Le Dop e le Igp non sono solo bollini da mettere su un’etichetta. Sono il risultato di una cultura, di una storia, di un modo preciso di fare le cose. “Sono una cosa seria”, dice Fosco Ferri, coordinatore dell’associazione Quore – Qualità e Origine Rete Toscana delle DOP e IGP. Un’associazione nata nel 2002 per unire i Consorzi dei prodotti toscani a indicazione geografica, fare squadra, promuovere, difendere. Oggi in Toscana sono 32 i prodotti riconosciuti con Dop o Igp. Non si tratta solo di origine, ma di regole severe. Negli anni Novanta l’Unione Europea decise di intervenire per contrastare due fenomeni: la perdita delle tradizioni alimentari locali e la crescente industrializzazione del cibo, che metteva a rischio la salute dei cittadini. Da lì è nato un regolamento europeo che ha dato il via alle denominazioni.

Un esempio? Il pane. “Impasta lentamente, lievita per ore – spiega Ferri – e in questo tempo si attivano processi naturali che eliminano sostanze nocive. Nelle produzioni industriali, invece, questo passaggio viene saltato”. Difendere le Igp non è folclore, è una scelta di qualità, di salute, di futuro. Ma non basta produrre bene: bisogna anche saper cucinare, trasformare, raccontare. “La comunicazione è fondamentale – continua Ferri – per questo partecipiamo agli eventi”. Come è successo ad Agrofutura, dove Quore ha portato un menu a base di prodotti certificati, in collaborazione con l’Associazione Cuochi Fiorentini. Perché ogni fetta di finocchiona, ogni goccia d’olio racconta una filiera, un territorio, un lavoro.
G.M.