
Una delle suore benedettine di Pienza in una foto tratta dalla pagina Fb del convento
Pienza (Siena), 7 marzo 2023 - La seconda arringa, firmata dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, e feroce nemico di papa Bergoglio, colpevole di averlo mandato in pensione a 75 anni e di avergli tolto tutti i privilegi, compreso l’appartamento lussuoso in Vaticano, ha il pregio per i giornalisti di rivelare molti altri dettagli sulla clamorosa resistenza delle monache di Pienza. L’arcivescovo Viganò si erge ad avvocato difensore di suor Diletta Forti, abbadessa del monastero ’Maria Tempio dello Spirito Santo’ e delle sorelle che le sono fedeli, presumibilmente tutte e 13 quelle asserragliate nel convento pientino che si affaccia sulla Valdorcia.
La prima rivelazione è che è stata aperta un’inchiesta su ciò che è accaduto in quel monastero in questi anni. La seconda è che i carabinieri hanno già ascoltato alcune persone potenzialmente informate sui fatti, hanno cominciato a raccogliere informazioni dai familiari delle monache. "La madre di una monaca - scrive l’arcivescovo - convocata dai carabinieri di Ancona il 28 febbraio, si è sentita rivolgere domande nel corso di un interrogatorio serrato e traumatizzante: "Può visitare sua figlia? Si è mai lamentata di come vive o ha fatto delle confidenze sui problemi in monastero? Chi custodisce il telefono in monastero? ". Per Viganò sono tutte prove di traumi; in realtà sono la conferma che gli inquirenti stanno raccogliendo informazioni, prima di aprire inchieste con ipotesi di reato più puntuali.
Meglio andare con ordine e raccontare le ’rivelazioni’ contenute nelle 16 cartelle della seconda arringa. Viganò racconta che la comunicazione della visita appostolica nel monastero di Pienza, decisa dal cardinale Braz de Aviz, prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata "reca la data del 14 settembre 2022 e l’azione dei Visitatori riguarda la conduzione del governo, la vita della Comunità e delle singole monache, come pure la loro formazione iniziale e permanente, la prospettiva di futuro e la gestione economia del monastero ". Viganò rivela anche i nomi dei visitatori apostolici, l’abate domenicano Giordano Rota e la badessa madre Roberta Lanfredini. L’arcivescovo difensore poi parla di "visita più traumatizzante possibile, nascondendone le motivazioni, cercando risibili pretesti come l’orientamento dell’altare o la vendita di marmellate".
Dopo la visita arrivano i quattro decreti firmati dal Dicastero per gli Istituti di vita consacrata, quindi dal braccio del Vaticano. "Il primo decreto dispone che il monastero di Pienza diventi membro della Federazione Picena delle monache benedettine, il secondo affida il governo del monastero alla presidente federale della Federazione Picena; il terzo decreto impone alla Badessa Madre Diletta l’esclaustrazione per tre anni con l’ingiunzione di lasciare il monastero entro una settimana; il quarto impone alla priora, suor Margherita, il trasferimento per un anno al Monastero di Bose". I decreti portano la data del 30 gennaio, sono stati consegnati da due sacerdoti alle suore il 13 febbraio e da lì è scattata la resistenza, le diffide, i manifesti affissi al cancello del monastero, i ricorsi e le arringhe contro il papa e il cardinale Augusto Paolo Lojudice, che da pochi mesi ha riunito nella sua persona la diocesi di Pienza con quella di Siena. Altra ’rivelazione’ quella del 17 febbraio con "l’incursione di madre Vacca e madre Di Marzio (nominate madre superiora e priora del monastero) con il maresciallo e altri due carabinieri della stazione di Pienza nel convento. Ovviamente senza esito, visto che suor Diletta e le tredici suore non hanno obbedito ai quattro decreti del Vaticano.
Inutile seguire ancora l’arcivescovo Viganò nella sua difesa. Non c’è traccia di quali siano le colpe della badessa e della priora di Pienza, di atti tali da giustificare sia la visita apostolica che la cacciata dal monastero delle accusate. Suor Diletta e le altre 13 monache sono ancora asserragliate in convento, l’arcidiocesi continua a pagare le bollette e a non prendere in considerazione l’idea di trasformare quella bella villa in un centro per ospitare migranti. Mentre la procura di Siena avrebbe aperto un fascicolo modello 45. Serve per raccogliere informazioni. Senza avanzare ipotesi di reato.