REDAZIONE SIENA

Operaicidio, il lavoro uccide: "E’ una tragedia civile. Non basta più raccontare"

’Safety meets culture’, incontro conclusivo con Giordano, Patucchi e Berti "E’ una guerra a tutti gli effetti, abbiamo presentato 15 proposte di intervento".

Dibattito con Giordano, Patucchi e Berti moderato dalla giornalista Cristina Belvedere

Dibattito con Giordano, Patucchi e Berti moderato dalla giornalista Cristina Belvedere

L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro (sicuro?). E’ il titolo dell’incontro conclusivo della quinta edizione di ’Safety meets culture’.

L’intervista a tre, coordinata dalla giornalista de La Nazione Cristina Belvedere, tenutasi nella cornice del museo della Contrada del Valdimontone, ha offerto un importante spunto di riflessione sulle morti sul luogo di lavoro e sullo sfruttamento. Di grande ispirazione è stato il titolo del libro “Operaicidio. Perché e per chi il lavoro uccide. Le storie, le responsabilità, le riforme” scritto dal magistrato Bruno Giordano e dal giornalista de la Repubblica Marco Patucchi.

"Fin dal primo momento abbiamo avuto in mente un obiettivo. Volevamo parlare di un fenomeno, quello delle morti sul lavoro, che è tutt’altro che straordinario perché i dati ufficiali contano circa tre vittime al giorno. Da quest’ordinarietà è nata la necessità di coniare un neologismo – ha spiegato Patucchi – scrivere questo libro è stato un dovere da cittadini ancor prima che da lavoratori. Abbiamo deciso di dar un nome a quella che è una guerra a tutti gli effetti. A seguito di un’analisi dei dati, abbiamo presentato 15 proposte concrete di intervento".

Sull’importanza delle parole e del titolo è poi intervenuto anche Giordano, sottolineando come "pur avendo dati così rilevanti, non esisteva ancora una parola che definisse tale fenomeno. È stata questa la prima mossa che abbiamo deciso di fare: allontanarci dal linguaggio utilizzato dai media e dalla politica". "Il nostro intento – ha proseguito – è quello di non ridurre le morti sul lavoro ad un semplice racconto di ciò che è accaduto ma di agire, senza retorica né scontatezza, nella denuncia di quella che è una vera e propria tragedia civile".

Significativa, in tal senso, anche la dedica del testo a Daouda Diane, mediatore ivoriano scomparso in condizioni misteriose a seguito della denuncia sui social dello sfruttamento lavorativo a cui era sottoposto. Presente al tavolo degli intervistati anche il Professore dell’Università di Siena Fabio Berti, a sua volta curatore del libro "Sfruttati. Immigrazione, agricoltura e nuove forme di caporalato in Toscana".

"Le morti sul lavoro si legano ad un altro terribile tema che spesso rimbalza sui quotidiani nazionali, lo sfruttamento – ha evidenziato – siamo abituati a percepire tale fenomeno come lontano dalle nostre zone, ma non è così. Lo sfruttamento del lavoro è strettamente collegato al mondo dell’agricoltura toscana, soprattutto nei settori a più alta intensità come l’ortocultura e l’olivocultura. Si tratta di un fenomeno sistematico e strutturale, che abbiamo a lungo analizzato nella nostra ricerca".

Grazia Sanfilippo