ANDREA TALANTI
Cronaca

Luci spente e serrande giù, preoccupazione per la emorragia di negozi in centro

Nannizzi, Confesercenti: “Affitti sproporzionati e le piattaforme sul web penalizzano le attività”. Anita Francesconi: “Chiedo al Comune di cambiare le regole sui metri quadri dei negozi”

Verso la chiusura

Verso la chiusura

Siena, 5 dicembre 2024 – Non c’è pace per il commercio senese. Una situazione che si protrae da anni e che va a inserirsi in un contesto globale in cambiamento, con il mondo dell’online e dei grandi colossi digitali che dominano le logiche di mercato. L’addio ai negozi di vicinato si fa sempre più frequente, anche in una città come Siena che proprio su quei negozi fonda secoli di attività commerciale. Al terzo trimestre del 2024 sono 737 gli esercizi di commercio al dettaglio nel comune di Siena, mentre nel centro storico i dati più aggiornati - datati giugno 2023 - parlano di 277 attività ancora in funzione. Numeri che confermano la costante diminuzione delle attività commerciali, con negozi che chiudono e non riaprono più: è il fenomeno preoccupante della vetrina vuota e della serranda abbassata, nel quale ci si può imbattere senza troppe difficoltà facendo due passi tra le vie di città.

Montanini, Camollia, via di Città, Banchi di Sopra, Pantaneto, ma anche via delle Terme, Piazza Indipendenza e via della Sapienza: i fondi sfitti e serrati sono sempre di più. E anche dove si torna ad aprire, a farla da padrone è il fast fashion e l’oggettistica a basso costo, con tutto un mondo di artigianato, moda e qualità che rischia di scomparire a Siena. Aperture rapide e chiusure altrettanto veloci, temporary shop, la continuità d’esercizio è solo un lontano ricordo.

“La situazione è molto complicata – commenta Leonardo Nannizzi, presidente Confesercenti Siena –, legata a doppio nodo al mondo delle vendite online. C’è una totale libertà lasciata a chi vende online di comportarsi come vuole con offerte e black friday guarda caso proprio a novembre, con l’anticipo degli acquisti di Natale a basso costo. Una logica che si è consolidata negli anni, una problematica a livello mondiale o quantomeno europeo. Serve una regolamentazione, noi non siamo contro: chiediamo solo regole che non ci penalizzano e tutelino”.

Ma anche a livello locale le difficoltà non mancano. “Indubbiamente in città d’arte come Siena – spiega Nannizzi – gli affitti sono sproporzionati rispetto al reale volume d’affari di oggi, le attività commerciali non reggono e chiudono o fanno due conti e non aprono. Manca anche il rinnovo generazionale, non c’è incentivo ad aprire: per guadagnare qualcosa passano 6-7 anni e nel frattempo puoi avere già chiuso. Luci spente e serrande abbassate portano alla desertificazione della città, con la percezione di vivibilità e sicurezza che diventa sempre minore”.

E ancora: “In ambito locale ci vorrebbero eventi attrattivi, comunicati e sponsorizzati adeguatamente. In più – rimarca Nannizzi – mai come ora c’è bisogno di una diversificazione nell’offerta, le città d’arte diventano mangifici e bevifici, se non si comincia a fare offerte adeguate la rete commerciale sprofonderà. Si parla di turismo ’mordi e fuggi’, ma ci vorrebbe maggior ricerca nel proporre prodotti di qualità, professionalità e competenza per alzare il livello medio dei visitatori e degli acquirenti”.

Intanto i negozi continuano a chiudere e le nuove vetrine che sorgono nei fondi sfitti non sempre rispecchiano le caratteristiche del commercio locale. “La storia del commercio è quasi tragica, io ho conosciuto un’altra Siena – dice Anita Francesconi, storia commerciante senese –. Mi viene quasi da piangere a vedere Montanini con i negozi sfitti, mentre in Banchi di sopra arrivano negozi di moda low cost. Così dove andiamo a finire? C’è un problema evidente: ciò che chiedo all’amministrazione è di cambiare le regole sui metri quadri dei negozi, molto penalizzanti e che non incentivano all’apertura”. Poi aggiunge: “Qui se non ho almeno 60 metri quadri di negozio non posso vendere specialità né altro. Cosa dobbiamo fare, tenere tutto chiuso o vedere la roulette dei negozi che cambiano ogni 6 mesi? Gli affitti sono di migliaia di euro per pochi metri quadri, credo che qualcuno debba iniziare a trovare soluzioni. In più ci vuole il decoro, i negozi devono rispettare degli standard. Attaccare la cartellonistica dei prezzi sulla pietra in Banchi di Sopra è uno scempio – conclude Francesconi –. Siamo sulla strada della morte commerciale della città”.