
I grandi mari producono circa la metà dell’ossigeno atmosferico e assorbono il 90% del calore causato dal riscaldamento globale. Ma le azioni dell’uomo stanno mettendo a rischio un equilibrio vitale.
Gli oceani. Costituiscono il 98,5% di tutta l’acqua presente sul globo e coprono la più vasta area della superficie terreste, il 70%. Non a caso la Terra è spesso indicata come Pianeta azzurro. Eppure, così visibili nelle fotografie dallo spazio, gli oceani rendono invisibile un’ampia parte del pianeta e la grande ricchezza di vita che ospitano. Sembra un controsenso associare invisibilità e oceani, in realtà non deve stupire. A spiegarlo è Roberto Danovaro, docente di biologia marina all’università politecnica delle Marche, considerato tra i più influenti scienziati marini. Danovaro sarà a Sarzana sabato 30, a parlare di ’Oceano futuro e la maggioranza invisibile del pianeta’, ospite del Festival della Mente che quest’anno ha come filo conduttore proprio l’invisibile.
Professore, come fa la maggioranza del pianeta ad essere invisibile?
"L’invisibilità degli oceani sta sia nella capacità di vederli in tutta la loro interezza sia, ancor di più, nella dimensione microscopica della maggioranza invisibile che popola il nostro pianeta. Si tratta di una moltitudine di 10 elevato alla 31, in pratica miliardi di miliardi di microrganismi che, tra l’altro, sono all’origine della vita. Fra questi ci sono anche quelli che hanno prodotto l‘ossigeno che ha consentito l’evoluzione di piccoli e grandi organismi che dalla respirazione traggono energia per i processi vitali. Si è partiti da un brodo primordiale da cui è nata la vita e poi, in tre miliardi e mezzo di anni, l’evoluzione è arrivata a popolare gli oceani di grandi creature. Oggi però, con le sue azioni, l’uomo sta invertendo questo percorso".
In che senso?
"Nel senso che stiamo sostanzialmente portando all’estinzione tutte le grandi creature del pianeta. Elefanti e rinoceronti sulla terra, cetacei nei mari. Stiamo tornando ad una taglia miniaturizzata, come se ci fosse una tendenza a tornare indietro verso quel brodo primordiale originario, a rendere invisibile ciò che era più visibile negli oceani, cioè le grandi creature che lo hanno popolato".
Quante specie si stima vivano nei mari?
"Attualmente le specie catalogate sono 250 mila su un totale che si ritiene vada da 500 mila a 3 milioni. Quindi conosciamo tra il 10 e il 20% delle specie che popolano gli oceani e il più lo dobbiamo ancora scoprire".
Serbatoi di biodiversità, ma anche preziosi alleati contro il cambiamento climatico?
"Altro che. Gli oceani producono circa il 50% di ossigeno atmosferico e assorbono il 90% del calore prodotto dal riscaldamento globale. Sono il nostro grande condizionatore. Ci tengono al caldo in inverno e al fresco in estate. Finché possono, ovviamente, perché ormai stanno iniziando a scaldarsi anche loro e a perdere un po’ della capacità di assorbire".
Quanto resisteranno ancora?
"Fare previsioni è difficile. La risposta ai cambiamenti è adattativa. Gli organismi marini faranno di tutto per non morire. Però, da quello che sappiamo la situazione è peggiore di quanto non si prevedesse. Pensavamo che le cose andassero più lentamente e invece le ondate di calore, come i 34° di questi giorni nei mari della Grecia, sono un vero problema".
Lei è un restauratore di fondali. Cosa vuol dire?
"Sono coordinatore dei progetti europei di restauro ambientale Redress, per ripopolare gli oceani, e ReeForest per il salvataggio delle foreste di macroalghe, oltre a una serie di altri progetti dedicati principalmente allo studio di come si possono recuperare e salvare gli habitat marini, inclusa la parte microbiologica che è così importante per il loro funzionamento. Ci occupiamo di ripopolare la Posedonia. Stiamo cercando di ampliare le tecniche di restauro a diverse tipologie di habitat e di renderle sempre più efficaci, sempre meno costose, sempre più fattibili".
Ma la posidonia non supera i 25 metri. Per le profondità maggiori?
"Stiamo restaurando adesso ambienti profondi fino a mille metri. Qui non c’è vegetazione ma banchi di coralli profondi. Sono habitat molto vulnerabili, preziosi e molto belli. Gli dedicheremo una mostra a dicembre all’Acquario di Genova".